NewsLetter N.7/2024

IMPOSTA ADDIZIONALE ALL’ACCISE SULL’ELETTRICITÀ: PER LA CGEU LA NORMATIVA ITALIANA CONTRASTA CON IL PRINCIPIO DI EFFETTIVITÀ NON CONSENTENDO AL CONSUMATORE DI CHIEDERE DIRETTAMENTE ALLO STATO IL RIMBORSO DELL’ADDIZIONALE INDEBITA
 
Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Sezione V, sentenza 11 aprile 2024 n. 316/22
 
In sede di rinvio pregiudiziale, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea – Quinta Sezione – con sentenza 11 aprile 2024 n. 316/22, è stata chiamata nuovamente a pronunciarsi sulla corretta interpretazione dell’art. 288, terzo comma del TFUE e, segnatamente, a chiarire se, in base al principio di effettività, il giudice italiano sia tenuto a disapplicare, anche nell’ambito di una controversia tra privati, una norma di diritto interno contraria ad una disposizione chiara, precisa ed incondizionata di una direttiva europea non correttamente recepita da parte della Repubblica Italiana.
 
Come è noto, la vicenda trae origine dal tardivo recepimento dalla Direttiva UE 2008/118/CE da parte del legislatore italiano che, a fronte della riscontrata incompatibilità della disciplina interna di riferimento rispetto all’ordinamento europeo, è intervenuto a disporre la cessazione dell’applicazione dell’imposta addizionale all’accise sull’energia elettrica, prevista dal decreto-legge 28 novembre 1988, a decorrere dall’aprile 2012. 
 
Conseguentemente, per il periodo ricompreso tra l’entrata in vigore della direttiva e l’abrogazione dell’addizionale, le compagnie energetiche hanno continuato riscuotere indebitamente a carico dei consumatori finali gli importi a titolo dell’addizionale.
 
Di qui, l’elevato numero di giudizi promossi per la ripetizione - ex art. 2033 c.c. - degli oneri economici supplementari sostenuti dai consumatori finali in favore dei rispettivi fornitori professionali per il periodo ricompreso fra il 2010 e il 2011.
 
Con riguardo a tali controversie, si sono sviluppati due principali orientamenti della giurisprudenza italiana di merito che ineriscono all’efficacia diretta orizzontale e verticale delle direttive non recepite, ovvero, non correttamente recepite dagli Stati Membri dell’Unione.
 
Il primo orientamento si esprime in termini di rigetto di siffatte domande in base all’assunto per cui, in caso di accoglimento si riconoscerebbe che, nell’ambito di una controversia tra privati, una direttiva non ancora recepita dal Legislatore sia in grado di dispiegare un «effetto diretto orizzontale», che invece viene negato con costanza dalla giurisprudenza della CGUE.
 
Invero, «la disapplicazione delle disposizioni nazionali produrrebbe l’effetto di creare in capo a soggetti privati un nuovo obbligo: quello di restituire all’utente finale le somme riscosse a titolo di imposte illegittime» stante il principio secondo cui «una direttiva non recepita non può di per sé creare obblighi a carico di un singolo e non può quindi essere fatta valere in quanto tale nei suoi confronti».
 
Diversamente, il secondo orientamento si esprime per l’accoglimento di tali domande, poiché l’obbligo di interpretare il diritto interno alla luce del testo e della finalità della direttiva al fine di raggiungere i risultati perseguiti dalla medesima, consentirebbe di ritenere che «il principio dell'effetto diretto soltanto verticale delle direttive non osti a constatare il carattere indebito di un pagamento in un rapporto orizzontale di rivalsa».
 
Ebbene, nel caso di specie, il Tribunale di Como - riconoscendo come i due procedimenti di cui era stato investito sollevassero questioni di diritto analoghe a quelle di altre controversie pur sempre relative alle sorti delle predette domande di rimborso – disponeva, con ordinanza del 28 aprile 2022, la sospensione del giudizio e sottoponeva al vaglio dei giudici europei due principali questioni pregiudiziali, in particolare:
 
  • a) se, in generale, il giudice nazionale possa disapplicare nell’ambito di una controversia fra privati una disposizione del diritto interno in contrasto con una disposizione chiara, precisa e incondizionata di una direttiva non recepita o non correttamente recepita, con la conseguenza di imporre un obbligo aggiuntivo ad un singolo, qualora ciò costituisca, secondo il sistema normativo nazionale il presupposto perché quest’ultimo possa far valere contro lo Stato i diritti attribuitigli da tale direttiva;
  • b) se, tutto ciò premesso, il principio di effettività del diritto dell'Unione osti ad una normativa nazionale che impedisca al consumatore di chiedere direttamente allo Stato il rimborso dell'imposta indebita, limitando la possibilità di esperire a un'azione legale contro il soggetto passivo che ha riscosso l'imposta per conto dello Stato e unico legittimato a ottenere il rimborso dall’Amministrazione finanziaria. 
 
Con riguardo alla prima questione, fermo restando il principio di esclusione dell'effetto diretto orizzontale delle direttive, la CGUE ha chiarito come, un giudice nazionale possa procedere alla disapplicazione della normativa nazionale incompatibile, permettendo in tal senso ad un privato di far valere nei confronti del fornitore l'illegittimità di un'imposta riscossa, al fine di ottenere il rimborso dell'onere economico supplementare indebitamente sopportato, qualora il diritto nazionale preveda una tale possibilità.
 
Sul punto, inoltre, la Corte ha richiamato il principio già consolidato dalla propria giurisprudenza, secondo cui le disposizioni incondizionate e sufficientemente precise di una direttiva possono essere invocate dai singoli direttamente nei confronti di “enti di diritto privato” che siano soggetti all’autorità o al controllo dello Stato ovvero che dispongano di poteri che eccedono rispetto a quelli previsti dalle norme applicabili nell’ambito dei rapporti tra privati.
 
Con riguardo alla seconda questione, i giudici europei non hanno mancato di constatare come, alla luce delle caratteristiche della normativa nazionale, i consumatori finali si trovino giuridicamente impossibilitati a far valere nei confronti dei fornitori di elettricità l'illegittimità dell’addizionale e, di conseguenza, ad ottenere il rimborso dell'onere economico supplementare derivante dall'applicazione di un'imposta contraria alle disposizioni chiare, precise e incondizionate di una direttiva dell'UE.
 
Invero, a fronte del carattere indebito di detti versamenti, il diritto interno permette ai consumatori finali di agire esclusivamente nei confronti dei rispettivi fornitori, intentando un'azione civilistica per la ripetizione dell'indebito.
 
D'altro canto, il motivo di illegittimità dell’imposta riscossa non può essere validamente invocato in ragione del principio di esclusione dell’effetto orizzontale delle direttive, che impedisce ai consumatori di fondare sulla direttiva l’esistenza di un diritto individuale e di farlo valere contro altri soggetti privati.
 
In tal senso, secondo la CGUE la normativa italiana viola il principio di effettività, non permettendo ad un consumatore finale di agire direttamente contro lo Stato ai fini del rimborso dell'onere economico supplementare che egli ha sopportato a causa della ripercussione, operata da un fornitore sulla base di una facoltà riconosciutagli dalla normativa nazionale incompatibile con l’ordinamento dell’Unione.
 
In conclusione, nella pronuncia in esame, i giudici europei con riguardo all’interpretazione dell’articolo 288, terzo comma, TFUE e sul principio di effettività, hanno fornito chiarimenti aventi dei risvolti pratici estremamente rilevanti alla luce dell’annoso contrasto della giurisprudenza italiana in merito all’ammissibilità delle domande di rimborso aventi ad oggetto gli importi indebitamente versati a titolo di addizionale.
 
Da un lato, l'articolo 288, terzo comma, TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta a che un giudice nazionale disapplichi, in una controversia tra privati, una norma nazionale che istituisce un'imposta indiretta contraria ad una disposizione chiara, precisa e incondizionata di una direttiva non trasposta o non correttamente trasposta, salvo il diritto interno non lo consenta o che l’ente convenuto, seppur privato, sia soggetto all'autorità o al controllo dello Stato.
 
Dall’altro, il principio di effettività deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che non permette al consumatore finale di chiedere direttamente allo Stato membro il rimborso dell'onere economico supplementare indebitamente sopportato a causa della contrarietà dell’addizionale in questione ad una disposizione chiara, precisa e incondizionata di una direttiva non trasposta o non correttamente trasposta
 
Autori: Avv. Daniela di Palma e Dott.ssa Francesca Rosa