IL NO DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA AL RINNOVO AUTOMATICO DELLE CONCESSIONI BALNEARI

Le concessioni di occupazione delle spiagge italiane non possono essere rinnovate automaticamente ma devono essere oggetto di una procedura di selezione imparziale e trasparente.  I giudici nazionali e le autorità amministrative sono tenuti ad applicare le norme pertinenti di diritto dell'Unione, disapplicando le disposizioni di diritto nazionale non conformi alle stesse”. Così ha sentenziato, una volta per tutte, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella causa C 348/2022 sull’annosa questione del rinnovo automatico delle concessioni balneari.

Tale sentenza ha, quindi, riacceso i riflettori su un tema che, da qualche anno a questa parte, suscita un intenso dibattito in Italia, in quanto coinvolge interessi contrapposti; da un lato quello privatistico delle imprese concessionarie che vedono sfumare i loro proventi economici e vanificarsi i loro investimenti e dall’altro l’interesse a garantire la libera concorrenza, anche transfrontaliera, nell’utilizzo di suoli demaniali, connotati di per sé da una destinazione all’uso pubblico. Interesse quest’ultimo che costituisce uno dei pilastri del diritto dell’Unione Europea, cui tutti gli Stati membri sono tenuti a conformarsi. Infatti, data l’eccezionalità dell’attribuzione di un diritto di uso esclusivo su un bene demaniale, la concessione attribuisce al concessionario un diritto di superficie con una durata limitata; da qui la necessità di garantire, sulla base di criteri di selezione trasparenti e imparziali,  la successione nel tempo di più utilizzatori del bene medesimo. 

 Tuttavia, l’impostazione di fondo del diritto italiano risulta in parte ancora connotata da un favor per la stabilità delle concessioni; favor che ben può evincersi dall’ormai abrogato secondo comma dell’art. 37 del codice della Navigazione, il quale prevedeva il c.d. “diritto di insistenza”, in base al quale veniva data preferenza “alle precedenti concessioni, già rilasciate, in sede di rinnovo rispetto alle nuove istanze”. Il legislatore si è, infatti, mostrato per lo più inerte nel conformarsi al diritto europeo in tale ambito, intervenendo con un susseguirsi di leggi volte a prorogare il rinnovo automatico delle concessioni, nelle more di un riordino complessivo della materia. Basti pensare che, da ultimo, la legge di conversione del c.d. Decreto Milleproroghe (l. n. 14/2023) ha spostato dal 31 dicembre 2023 al 31 dicembre 2024 l'efficacia delle attuali concessioni, prevedendo, inoltre, la possibilità di un ulteriore dilazione da fine 2024 a fine 2025 nel caso in cui sopraggiungano “ragioni oggettive”.

 Il persistente contrasto tra la normativa italiana e quella europea ha determinato incertezze sia tra i Giudici che tra le autorità amministrative, soprattutto per quanto riguarda la questione dell’efficacia diretta delle direttive europee in materia di concessioni balneari e della conseguente possibilità, per gli operatori del diritto, di disapplicare la normativa interna con esse contrastante.

 La vicenda, che ha poi portato alla pronuncia della CGUE citata, è scaturita proprio da tale incertezza applicativa. In particolare, il Comune di Ginosa, in provincia di Taranto, aveva prorogato con delibera del 24 dicembre 2020, le concessioni di occupazione del demanio marittimo sul proprio territorio. L’autorità garante della concorrenza e del mercato, previo invio di un parere motivato cui il Comune non ha dato seguito, ha impugnato la suddetta delibera dinanzi al Tar Puglia, per violazione dell’art. 12 nella nota direttiva Bolkestein (123/2006/CE), chiedendone l’annullamento. Il suddetto articolo prevede che i diversi Stati membri per assegnare una concessione balneare debbano applicare una procedura imparziale e trasparente, qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali. Inoltre, nella stessa disposizione, viene sancito il principio per cui l’autorizzazione deve essere rilasciata per una durata di tempo limitata e non possa essere oggetto di rinnovo automatico, senza possibilità di indennizzo dei concessionari uscenti.

I giudici amministrativi pugliesi, dubitando del carattere “self-executing” della direttiva citata, hanno proposto rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. La Corte, chiamata a pronunciarsi sulla questione, ha sancito in maniera netta l’efficacia diretta delle disposizioni contenute nella direttiva e il correlativo obbligo per i giudici nazionali e per le autorità amministrative, comprese quelle comunali, ad applicarle e disapplicare le norme di diritto nazionali con esse contrastanti. Il Giudice di Taranto dovrà quindi conformarsi a quanto stabilito dalla Corte e la sua decisione vincolerà gli altri giudici nazionali a cui venga sottoposto un problema simile.

A fronte del recente intervento della Corte Europea il Governo si trova davanti a un bivio: o provvedere entro la fine dell’estate a conformarsi al diritto Ue, oppure optare per uno scontro frontale con Bruxelles. Dagli ultimi incontri che l’esecutivo ha avuto con esponenti della Commissione, sembrerebbe che il Governo sia più propenso per la prima delle due opzioni. La leader di Fdi avrebbe rassicurato, infatti, sulla volontà di anticipare la scadenza della  proroga delle concessioni balneari stabilita dal decreto Milleproroghe, venendo, così, incontro alle richieste dell’Ue. Sembrerebbe, infatti, esserci nell’aria un prossimo Decreto-legge.

L’auspicio è, dunque, quello di un celere intervento legislativo che realizzi, in tale rilevante settore, l’allineamento dell’Italia con gli altri Stati Membri dell’Unione Europea.