Illecito disciplinare: SS. UU. Corte di Cassazione, sentenza n. 30985/2017

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione - con la sentenza in commento - hanno risolto un contrasto giurisprudenziale concernente l’individuazione della tutela applicabile in caso di contestazione tardiva del licenziamento disciplinare per giustificato motivo.

Prima del recente consesso di legittimità, vi erano infatti due orientamenti giurisprudenziali contrastanti. Il primo, non riteneva inefficace il licenziamento disciplinare intimato in mancanza di tempestiva contestazione, con conseguente applicazione della tutela indennitaria; il secondo, invece, reputava l’immediatezza della contestazione alla stregua di un elemento costitutivo del licenziamento la cui mancanza consentiva - ai sensi dell’art. 18 del novellato Statuto dei lavoratori – la tutela reintegratoria.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione intervenendo sul punto, hanno quindi chiarito che, in caso di contestazione tardiva dell’illecito disciplinare posto a base del licenziamento, troverà applicazione la tutela indennitaria di cui all’art. 18 co. 5 del novellato Statuto dei lavoratori, ove venga accertata la sussistenza dell’illecito disciplinare addebitato al lavoratore. Di talché il giudice, potrà dichiarare risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data di licenziamento e condannare il datore di lavoro al pagamento – in favore del lavoratore – di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, tenuto conto dell’anzianità del lavoratore e del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell’attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti.

In materia di licenziamento disciplinare, il fondamento logico-giuridico del principio della tempestività della contestazione non risiede – secondo i giudici di legittimità – nel rispetto delle regole procedurali di contestazione dell’addebito disciplinare di cui all’art. 7 L. n. 300/1970, bensì nel rendere agevole per il lavoratore l’esercizio del diritto alla difesa e nell’impedire che l’indugio del datore di lavoro possa indurre il dipendente a ritenere insussistente o comunque non grave di sanzione disciplinare il fatto incriminabile.

Con la conseguenza che, nel caso sussista il fatto disciplinarmente rilevante posto a base del licenziamento, ma non avendo il datore di lavoro – in osservanza ai principi di correttezza e buona fede – contestato nell’immediatezza l’illecito disciplinare, troverà applicazione l’art. 18 co. 5 dello Statuto dei lavoratori così come modificato dalla L. n. 92/2012.

Diversamente, nelle ulteriori ipotesi previste dall’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, troverà applicazione la tutela reale piena o attenuata, mentre, ove previsto un termine per la contestazione dell’addebito disciplinare, la relativa violazione verrebbe attratta, in quanto caratterizzata da contrarietà a norma di natura procedimentale, nell’alveo di applicazione del co. 6 del già citato art. 18.

Con tale sentenza, le SS.UU. della Corte di Cassazione hanno espresso un importante principio di diritto, tale per cui, la dichiarazione giudiziale di risoluzione del licenziamento disciplinare conseguente all’accertamento di un ritardo notevole e non giustificato della contestazione dell’addebito posto a base dello stesso provvedimento di recesso, ricadente ratione temporis nella disciplina dell’art. 18 L. n. 300/1970, così come modificato dal comma 42 dell’art. 1 L. n. 92/2012, comporta l’applicazione della sanzione dell’indennità ex art. 18 co. 5.