Corte costituzionale e il doppio cognome ai figli: e adesso?

La Consulta, con comunicato del 27 aprile 2022, tramite il suo Ufficio comunicazione e stampa, ha reso noto che, dopo aver esaminato le relative questioni di legittimità costituzionale, dichiara illegittime tutte le norme dell’ordinamento italiano che attribuiscono automaticamente il cognome del padre ai figli, in quanto elemento fondante dell’identità personale. Prima del deposito delle motivazioni della sentenza, la Corte Costituzionale ha, altresì, anticipato che la regola vigente vedrà il figlio assumere il cognome di entrambi i genitori nell’ordine concordato dagli stessi, salvo che i medesimi decidano, di comune accordo, di attribuire soltanto il cognome di uno solo genitore. Il presente contributo intende analizzare lo stato dell’arte ed i possibili sviluppi in attesa delle doverose indicazioni ministeriali e gli interventi normativi che il legislatore sarà quasi certamente tenuto ad intraprendere sul punto.

Introduzione

La Corte costituzionale si è espressa in merito alla questione di legittimità costituzionale sulle norme che regolano, nell’ordinamento italiano, l’attribuzione del cognome ai figli. In particolare, la Consulta ha dichiarato illegittimo l’art. 262, primo comma, del cod. civ. nella parte in cui non consente ai genitori, di comune accordo, di attribuire al figlio il solo cognome della madre e su quella che, in mancanza di accordo, impone il solo cognome del padre, invece che quello di entrambi i genitori.

La vicenda incardinata oggi dinanzi al giudice delle leggi trae origine dalla volontà di entrambi i genitori della Basilicata di trasmettere al figlio nato dalla coppia il solo cognome materno, poiché i fratelli, riconosciuti successivamente dal padre, avevano il solo cognome della madre. Nella specie, tra le ragioni alla base della volontà di attribuire ai ragazzi il nome della madre, si rileva anche la circostanza secondo la quale nella comunità lucana l’intera famiglia era conosciuta da sempre e da tutti con il solo cognome della madre. Ciononostante, gli Uffici comunali si opponevano, concedendo all’ultimo figlio soltanto l’iscrizione con il doppio cognome. La questione di legittimità veniva sollevata, pertanto, dinanzi al Giudice delle leggi dalla Corte d’Appello di Potenza.

A ciò aggiungasi che, il Tribunale ordinario di Bolzano, con ordinanza del 17 ottobre 2019 aveva già sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 262, comma 1, cod. civ., che nel disciplinare il cognome del figlio nato fuori dal matrimonio prevede che: “Se il riconoscimento è effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio assume il cognome del padre”.

A tal proposito, la Consulta, con l’ordinanza dell’11 febbraio 2021, n. 18, pronunciatasi in tema di accordo dei genitori sul cognome da dare al figlio nato fuori dal matrimonio in cui si stabiliva la preclusione della possibilità per i genitori, di comune accordo, di trasmettere al figlio, al momento della nascita, il solo cognome materno, ha sollevato - disponendone la trattazione innanzi a sé - le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 262, primo comma, del codice civile, nella parte in cui, in mancanza di diverso accordo dei genitori, impone l’acquisizione alla nascita del cognome paterno, anziché dei cognomi di entrambi i genitori. Secondo la Corte il rilevato contrasto riguarda gli articoli 2, 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli articoli 8 e 14 della CEDU.

Prima ancora la Corte Costituzionale, con la storica pronuncia n. 286 del 21 dicembre 2016, aveva riconosciuto la possibilità di aggiungere al cognome del padre quello della madre, accogliendo la questione di legittimità secondo cui la norma che impone l’attribuzione automatica ed esclusiva del solo cognome paterno è lesiva sia dei principi che garantiscono la tutela del diritto al nome, sia di quelli in materia di uguaglianza e di non discriminazione tra uomo e donna nell’attribuzione del cognome al figlio, sia esso legittimo o naturale.

Al tempo, al Ministero dell’Interno, a mezzo della Direzione Centrale per i Servizi Demografici del Dipartimento per gli affari interni e territoriali, spettò stabilire le indicazioni operative e i chiarimenti interpretativi della soprarichiamata pronuncia, cui provvedeva con circolare informativa del 19 gennaio e del 14 giugno 2017. In particolare, la circolare del 14 giugno 2017 fornì alcuni tra i seguenti ulteriori chiarimenti:

  • dal momento che la pronuncia riguardava la trasmissione “anche” del cognome materno, la conseguenza era la posposizione dello stesso al cognome paterno, non la sua anteposizione;
  • ove apposto “anche” il cognome materno al neonato, tutti gli elementi onomastici di cui detto cognome era eventualmente composto andavano parimenti trasmessi;
  • le novità in esame trovavano applicazione per gli atti di nascita che si fossero formati dal giorno successivo alla pubblicazione della citata sentenza, avvenuta il 28 dicembre 2016.

 

Questioni applicative

In attesa della pubblicazione in Gazzetta ufficiale della sentenza della Corte e degli auspicati interventi del legislatore che, come si spera, chiariranno molti punti ad oggi ancora oscuri, è utile soffermarsi su alcuni aspetti problematici, che sarà necessario normare dettagliatamente, anche a mezzo di circolari ministeriali come già avvenuto nel 2016.

In primo luogo, quanto sopra esposto, in termini pratici, non significa che sin d’ora è possibile presentarsi dinanzi all’Ufficiale di Stato Civile e chiedere di attribuire in automatico il doppio cognome o solo quello della madre, e, se del caso, nell’ordine scelto dai genitori. È lo stesso comunicato della Corte Costituzionale a chiarire che, dopo il deposito della sentenza bisognerà attendere che il legislatore regoli gli aspetti connessi alla decisione o ne deleghi l’attuazione a norme di rango secondario. Ad oggi, l’unico modo in cui si può scegliere di dare al figlio il doppio cognome è la registrazione della nascita in Comune, ovvero dinanzi al Direttore sanitario della struttura dove è avvenuta la nascita. Secondo le indicazioni ministeriali in precedenza emanate, è sufficiente che i genitori manifestino la propria decisione a voce davanti all’Ufficiale dello Stato Civile, o anche da uno solo dei genitori, se coniugati; in caso contrario, si rende necessaria la presenza di entrambi.

Occorrerà, in secondo luogo, affrontare la questione attinente alle formalità necessarie per attestare l’accordo tra i genitori – tra loro coniugati o meno – sul cognome, formalità preliminari all’accoglimento, da parte dell’ufficiale di stato civile, della richiesta dei genitori di attribuire al nuovo nato il doppio cognome, e in quale ordine. Ciò, soprattutto alla luce del fatto che spesso è il padre a rendere la dichiarazione di nascita e che, come si immagina, dovrà, pertanto, in tale occasione, fornire la prova dell’accordo, mediante presentazione di una dichiarazione sottoscritta dalla madre, il più delle volte, ancora ricoverata presso la struttura ospedaliera.

Al riguardo va chiarito che, in assenza di apposite disposizioni normative, gli Uffici dello stato civile non possono richiedere agli interessati oneri documentali ulteriori rispetto a quelli previsti dall’ordinamento. Ed invero, nell’ambito dell’ordinamento dello stato civile, le formalità che regolano l’operato degli uffici sono poste dalle fonti settoriali, e, dunque, dal codice civile, dal regolamento di cui al d.P.R. 3 novembre 2000, n. 39, oltre che dal decreto del Ministero dell’Interno del 5 aprile 2002, recante le formule per la redazione degli atti e dei processi verbali da inserire nei registri e da conservare in archivio.

È, poi, la stessa disciplina dell’attribuzione del nome al nascituro che si fonda sull’accordo dei genitori, accordo che si presume e che non occorre provare davanti all’Ufficiale, in quanto elemento presupposto nella dichiarazione di nascita, quantunque resa da uno solo dei genitori. L’attribuzione di nome e cognome è, infatti, un vero e proprio atto di esercizio – uno dei primi in effetti – della responsabilità genitoriale, che non implica un effetto ope legis, ma la previa e concorde scelta dei genitori.

Infine, occorrerà chiarire se effettivamente, come si è rumoreggiato nei giorni immediatamente successivi alla pubblicazione del comunicato, sussisterà la possibilità di molteplici cognomi nelle future generazioni originate da genitori con doppio cognome, o se i figli di uno stesso nucleo famigliare potranno avere cognome diversi. Ebbene, posto che non esiste ad oggi una norma che regoli la questione, si spera che la scelta sarà il criterio fondante, permettendo anche, e a maggior ragione, ai futuri genitori, in occasione della nascita dei loro figli, di decidere quali cognome tramandare e quali, invece, lasciare indietro.

Ciononostante, è da escludersi, sin da questo momento, la possibilità che la sentenza della Consulta possa essere retroattiva, in quanto ciò comporterebbe un eccessivo e non sostenibile dispendio di denaro pubblico.

In ogni caso, come anticipato, si dovrà attendere la soluzione adottata dal nostro legislatore che, auspicabilmente, affronterà tutti i nodi non ancora sciolti. Si dà conto, infine, che il 15 febbraio, in Commissione giustizia al Senato, è cominciato l’esame delle proposte di legge che nel frattempo si erano succedute e, poi, arrestate. 

Considerazioni conclusive

Si tratta di un fondamentale cambio di passo nel panorama giuridico italiano, antico retaggio del modello di società patriarcale dominante all’indomani della nascita della Repubblica italiana. Secondo la Corte Costituzionale, il cognome del padre non è che “il retaggio di una tramontata potestà maritale, non più coerente con il valore costituzionale dell’uguaglianza uomo-donna”. Nondimeno, a seguito della condanna della Corte di Strasburgo, II sez., 7 gennaio 2014, Cusan e Fazzo contro Italia, per aver violato i diritti di una coppia di coniugi negando loro la possibilità di attribuire alla figlia il cognome della madre, in quanto “dare ai figli il cognome della madre è un diritto”, i tempi sembrano finalmente maturi affinché l’Italia possa avviarsi sulla strada degli altri Paesi europei e del mondo.

Come è noto, in Spagna la prole acquisisce il “doppio cognome”, di talché ognuno porta il primo cognome di entrambi i genitori, nell’ordine deciso concordemente da entrambi. In caso di disaccordo, al figlio si trasmette il primo cognome del padre insieme al primo cognome della madre. In America Latina si applica il medesimo principio, ma si è posto espressamente il limite ai quattro cognomi: il figlio può acquisire solo due, uno del ramo materno, l’altro paterno.

Francia e Belgio hanno stabilito che i genitori scelgano insieme il cognome da attribuire al figlio e, in caso di disaccordo, si appongono entrambi i cognomi in ordine alfabetico. Similmente accade in Lussemburgo, dove in caso di mancato accordo si procede con un sorteggio. Mentre per Danimarca, Norvegia, Svezia e Austria in assenza di una dichiarazione genitoriale, lo Stato automaticamente appone il cognome della madre.

In Regno Unito, Canada, Australia e Nuova Zelanda la scelta è lasciata liberamente ai genitori, che possono scegliere tra i loro cognomi e, perfino, deciderne uno diverso.

Per quanto riguarda la Cina, secondo la Legge di Matrimonio cinese il figlio può avere o il cognome del padre o il cognome della madre. Si rammenta anche che, ai sensi della Legge di Cittadinanza Cinese per attribuire la cittadinanza basta che uno dei genitori sia cittadino cinese.