UTILIZZO INAPPROPRIATO DELL’E-MAIL AZIENDALE E LICENZIAMENTO

UTILIZZO INAPPROPRIATO DELL’E-MAIL AZIENDALE E LICENZIAMENTO: LA NOZIONE DI GIUSTIFICATEZZA NEL RAPPORTO DI LAVORO DIRIGENZIALE.

Il caso di specie.

La Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 2246 del 26 gennaio 2022, detta importanti principi volti ad orientare l’interpretazione della categoria della giustificatezza del licenziamento del dirigente.

La sentenza in esame trae origine dal ricorso promosso dal dirigente volto alla riforma delle pronunce di merito. In particolare, il medesimo aveva adito il Tribunale al fine di ottenere la declaratoria di illegittimità del recesso datoriale, con conseguente condanna al pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso e supplementare.

Il provvedimento espulsivo era stato irrogato all’esito di procedimento disciplinare avente ad oggetto l’invio da parte del ricorrente di e-mail indirizzata alla società datrice di lavoro del seguente tenore letterale: “Voi avete tradito la mia fiducia e buona fede e non so quanto potrò andare avanti a sopportare questo vostro comportamento che giudico inqualificabile”. Il giudice di prime cure, pur non considerando la condotta sovrapponibile all’ipotesi di giusta causa ex art. 2119 c.c., riteneva comunque legittimo il recesso in quanto sorretto dalla c.d. “giustificatezza” e così tale da precludere il pagamento dell’indennità supplementare, dando luogo alla sola corresponsione dell’indennità sostitutiva del preavviso.

Detta statuizione veniva confermata dalla Corte d’Appello di Bologna e, dunque, il dirigente proponeva ricorso per Cassazione invocando la violazione e falsa applicazione degli articoli 19 (“Collegio arbitrale”) e 22 (i.e. “Risoluzione del rapporto di lavoro”) del CCNL Dirigenti industria aventi ad oggetto, appunto, le tutele in caso di licenziamento e, nel solco di ciò,  ribadiva come la condotta addebitatagli non potesse legittimare il licenziamento, assumendo come non potesse rientrare non solo nella nozione di giusta causa ma altresì di giustificatezza, essendosi trattato di un unico episodio inidoneo a ledere il rapporto fiduciario instaurato con il datore di lavoro. Alla luce di ciò il ricorrente insisteva per la rivalutazione della nozione di giustificatezza, assumendone la natura elastica in assenza di normazione di fattispecie specifiche. 

La Suprema Corte, aderendo all’orientamento già espresso con la sentenza n. 34736 del 30 dicembre 19, affermava come la nozione di giustificatezza sia tale da non imporre una verifica specifica dei singoli comportamenti (diversamente dalla giusta causa) essendo di converso sufficiente, una valutazione globale delle circostanze che hanno turbato il rapporto fiduciario e ciò proprio in ragione dell’intensità di detto vincolo per il personale con ruolo apicale in azienda. Il Collegio ha così ribadito la rilevanza di qualsiasi motivo idoneo a sorreggere il licenziamento purché, con ogni evidenza, sussistente e scevro da arbitrarietà.

Disciplina.

Al fine di comprendere la decisione della Corte, è fondamentale in primo luogo sottolineare il ruolo del dirigente all’interno di un’azienda, per tradizione definito come la “longa manus” dell’imprenditore. Ed infatti l’art.1 del CCNL Dirigenti industria ne fornisce una definizione, stabilendo che: “Sono dirigenti i prestatori di lavoro per i quali sussistano le condizioni di subordinazione di cui all’art.2094 c.c. e che ricoprono nell’azienda un ruolo caratterizzato da un elevato grado di professionalità, autonomia e potere decisionale ed esplicano le loro funzioni al fine di promuovere, coordinare e gestire la realizzazione degli obiettivi dell’impresa”.

E’ di tutta evidenza, dunque, il carattere apicale del ruolo e la conseguente intensità del vincolo fiduciario che lega il dirigente al datore di lavoro. È proprio su questo vincolo che fa perno la decisione in commento. La giustificatezza, infatti, rileva solo nell’ambito del rapporto di lavoro dirigenziale, caratterizzato da una fiducia più intensa rispetto al “tradizionale” rapporto di lavoro subordinato afferente ai dipendenti.

Ed infatti il licenziamento nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato può avvenire solo per giusta causa e giustificato motivo (oggettivo o soggettivo), come previsto dalla legge. Di converso la nozione di giustificatezza è stata elaborata dalla contrattazione collettiva unicamente con riferimento alla categoria dirigenziale.

Tornando al caso in esame, il dirigente è stato licenziato per giusta causa ai sensi dell’art. 2119 c.c. che, com’è noto, così dispone: “Qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto”. La norma, seppur non tipizzi fattispecie concrete, è per giurisprudenza pacifica tale da escludere qualsivoglia obbligo di preavviso e ciò in ragione della valutazione ponderata della condotta posta in essere, tale da precludere la permanenza del rapporto ancorché temporaneamente.

Ed infatti nella fattispecie di giusta causa rientrano non solo i gravi inadempimenti, ma anche quei fatti o comportamenti che, pure se estranei al rapporto, possono incidere sul vincolo fiduciario che lega datore di lavoro e lavoratore.

Il concetto di giustificatezza è, invece, più ampio di quello di giusta causa, poiché se il primo è integrato da un fatto tale da danneggiare in maniera grave il rapporto di fiducia, il secondo ben può ricorrere in presenza di valide ragioni scevre da arbitrarietà. La giustificatezza, lo si ripete, si fonda infatti sul concetto di correttezza e buona fede in uno con il peculiare rapporto fiduciario instaurato tra dirigente e datore di lavoro, andando quindi oltre l’ambito dei meri adempimenti degli obblighi contrattuali e della fiducia ordinaria propria del rapporto di lavoro subordinato tout court. Sul punto giova rammentare taluni casi concreti in cui la giurisprudenza ha ritenuto sorretto da giustificatezza il licenziamento irrogato quali, ex multis, l’inadeguatezza del dirigente rispetto ad aspettative iniziali, una deviazione dalle direttive generali del datore di lavoro, un comportamento extra lavorativo idoneo ad incidere negativamente sull’immagine aziendale.

Conclusioni.

Nel solco delle argomentazioni che precedono, le esternazioni del dirigente oggetto del presente giudizio sono state così valutate tali da rientrare nella nozione di giustificatezza e la decisione datoriale coerente nonché fondata su ragioni apprezzabili sul piano del diritto.