La responsabilità professionale dell'avvocato

Il contratto che viene stipulato dal professionista, nella specie l'avvocato, con il cliente - c.d. "contratto di clientela" - è un contratto di opera intellettuale (artt. 2229 e ss. c.c.) in virtù del quale sorge in capo al professionista un vincolo giuridico in ordine all'espletamento del suo mandato professionale.

Elementi caratterizzanti del contratto d'opera intellettuale sono: a) il carattere intellettuale della prestazione; b) il carattere personale della prestazione (il rapporto fiduciario che si instaura tra il professionista e il suo cliente fa sì che quest'ultimo abbia diritto a che il professionista presti personalmente la propria opera, eventualmente con l'ausilio di sostituti o ausiliari, che operino sempre e comunque sotto la propria responsabilità e direzione; c) la discrezionalità del prestatore d'opera nella nell'esecuzione della prestazione; d) l'oggetto della prestazione, identificato nel mero esercizio di un'attività intellettuale corrispondente alla professionalità dell'esercente. 

La prestazione fornita dal professionista è, di regola, una prestazione di mezzi (e non di risultato) in quanto questi, assumendo l'incarico, si impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato sperato, ma non a conseguirlo.

L'attività prestata da quest'ultimo, essendo relativa solo a prestazioni intellettuali, non può essere mirata al raggiungimento di uno scopo come risultato, ma solo al tentativo di raggiungerlo: l'esito di un procedimento giudiziale è in ogni caso influenzato da elementi esterni molte volte imponderabili. Ne consegue che l'inadempimento del professionista, dal quale può derivare responsabilità, non può essere desunto dal solo mancato raggiungimento del risultato utile avuto di mira dal cliente, ma deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti allo svolgimento dell'attività professionale e, in particolare, al dovere di diligenza, per il quale trova applicazione, in luogo del criterio generale della diligenza del buon padre di famiglia, il parametro della diligenza professionale fissato dal comma secondo dell'art. 1176 c.c.

A norma di tale ultimo articolo la diligenza dell'esercente un'attività professionale deve essere commisurata alla natura dell'attività esercitata, di modo che il professionista sarà considerato responsabile per il mancato adempimento solo ove si accerti che egli non abbia utilizzato nell'espletamento della sua attività una diligenza pari a quella che ci si possa aspettare da un professionista di medie capacità e preparazione. Troverà, invece, applicazione l'art. 2236 c.c. - che limita la responsabilità del professionista alle sole ipotesi di colpa grave o dolo - in quelle ipotesi in cui la prestazione oggetto dell'incarico richiede la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, che implicano una preparazione professionale superiore alla media. Un altro aspetto della responsabilità dell'avvocato è quella che discende dalla violazione del dovere di informazione, violazione che può integrare un'ipotesi di inadempimento, soprattutto qualora questa abbia determinato un danno per il proprio cliente.

Prima di intraprendere un'attività giudiziale è dovere dell'avvocato rappresentare al proprio assistito tutti gli elementi di fatto e di diritto utili, nonché i suggerimenti necessari, affinché il cliente sia messo in condizione di conoscere esattamente la situazione che lo interessa e possa assumere consapevoli decisioni; dopo l'avviamento dell'attività giudiziale egli è tenuto a comunicare al proprio assistito l'andamento delle vicende processuali e quant'altro si renda necessario per il buon esito del giudizio.

Riferimenti normativi: Codice civile: artt. 1776 comma 2, 2229 e seguenti in particolare art.2236. Legge 31 dicembre 2012 n.247

L'avvocato che, in forza della procura conferita dal cliente, ne assuma il ruolo di difensore, instaura con il proprio assistito un rapporto fiduciario – si parla, al riguardo, anche di "mandato professionale" – avente per oggetto una prestazione d'opera intellettuale.

La giurisprudenza suole dividere il rapporto che si instaura tra il professionista e il cliente in due distinte fattispecie: da un lato, il rapporto interno extraprocessuale, definito per l'appunto "contratto di clientela" e, dall'altro, il rapporto endoprocessuale vero e proprio, che si sostanzia nel rilascio di un mandato alle liti attraverso il quale la parte conferisce all'avvocato il potere di rappresentarla in giudizio.....

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a cura di BLB Studio Legale