Free Trade Zone di Pudong (Shanghai)

La nuova Free Trade Zone di Pudong, nella municipalità di Shanghai, si estenderà per più di 28 km quadrati in adiacenza all’aeroporto di Pudong e alle zone franche di Wai Gao Qiao, già centro economico del paese.
Le Free Trade Zone sono aree di territorio, all’interno di uno Stato, entro cui le imprese possono usufruire di condizioni agevolate per l’esercizio dell’attività economica, dalla produzione al commercio, fino a comprendere servizi di stoccaggio, consulenza e brokeraggio.

Inventivi fiscali e doganali
La Free Trade Zone di Pudong, inaugurata a settembre 2013, offre: esenzioni fiscali, sgravi sui contributi del personale dipendente, riduzione dei dazi sulle esportazioni, procedimenti doganali più snelli ma, prima di tutto, la possibilità per gli imprenditori stranieri di essere proprietari al 100% della loro attività, senza alcuna necessità di ricorrere a joint venture o ad altre forme di cooperazione con imprese locali per poter operare nel mercato cinese.

Alle società cinesi che operano nel commercio estero e alle società costituite con capitale straniero si applicherà l’aliquota corporate del 15% anziché quella standard del 25%, attualmente in vigore.

La zona franca sarà una area duty-free: piena esenzione da imposte dazi e iva sui beni importati. Un regime dazi-iva agevolato anche per le ri-esportazioni dei prodotti finiti.

Si prevede una semplificazione della procedura di inizio attività che si risolverà in un’unica autorizzazione. Cambia, quindi, il modo di porsi del Governo: dall’esercizio di un controllo preventivo sulle imprese, che rendeva necessario una lunga serie di adempimenti burocratici, ad un ruolo di sorveglianza che si materializzerà in più snelli controlli successivi.

Banche, valuta e trasporti marittimi
Sarà possibile la costituzione di istituti di credito stranieri all’interno della zona franca (sarà necessario il rispetto di un capitale minimo). Ad alcuni degli istituti bancari più qualificati sarà data la possibilità di offrire anche servizi a sostegno del business offshore e di finanziamento delle attività cross-border.

Per rendere più competitiva la moneta locale RMB, al pari del Dollaro e dell’Euro, sarà possibile la piena convertibilità della valuta cinese. Le banche dell’aerea potranno impostare liberamente i cambi del renminbi.

Il governo cinese sta anche investendo per migliorare i trasporti marittimi: verranno realizzate campagne di promozione delle pratiche di flag of convenience e concessi incentivi per favorire la registrazione delle navi internazionali a Shanghai. Saranno inoltre alleggerite le restrizioni per la partecipazione di capitale straniero alle imprese che operano nel settore del trasporto marittimo internazionale.

Novità anche per le libere professioni:

  • saranno incentivate le cooperazione tra law firm estere e quelle cinesi
  • si potranno costituire imprese cino-straniere di gestione delle risorse umane (con una partecipazione di capitale estero non superiore al 70%).

Per quanto riguarda il settore edilizio, sarà concesso alle imprese straniere registrate nell’aerea della Free Trade Zone, di partecipare a progetti di costruzione in cooperazione con le imprese locali.

Investimenti esteri ammessi anche in ambito biomedico con annessa facoltà di costituire istituti medici a capitale interamente straniero.

Accessibilità degli investimenti anche nel settore turistico, delle telecomunicazioni con una importante novità: apertura della piattaforma internet all’accesso di alcuni grandi colossi mondiali come Facebook, Twitter, Google (Microsoft è stato il primo colosso ad acquistare la licenza per operare nella zona). Il Governo si riserva in materia poteri di controllo e di regolamentazione.

Per le imprese totalmente a capitale straniero sarà più facile ottenere licenze e autorizzazioni per l’accesso anche nel settore entertainment (non esente del tutto da limitazioni), in passato l’accesso era riservato solo attraverso forme di joint ventures.

Settori ancora protetti
A fronte di tutte queste riforme strutturali, di cui si attendono maggiori definizioni, il Governo di Pechino ha anche rilasciato una black list molto dettagliata di tutti i settori ancora preclusi, in tutto o in parte, agli investimenti esteri.

Non potranno operare in totale libertà gli imprenditori stranieri che vorranno esercitare attività pertinenti ai seguenti settori (in sintesi):

  1. pesca, agricoltura e allevamento (possibilità di esercizio solamente attraverso joint venture o altre forme di cooperazione con le imprese locali, rispetto di un capitale minimo e divieti assoluti per quanto riguarda la trattazione di alcune specie di flora e fauna protette)
  2. attività mineraria (estrazione di materiali ferrosi e non) e limitazioni riguardanti anche le attività di supporto all’industria estrattiva
  3. produzione di tabacco, alcool, bevande (liquori cinesi) e tea cinese
  4. industria di produzione della carta
  5. produzioni energetiche (anche gas, petrolio) e industria nucleare
  6. industria chimica e farmaceutica
  7. industria automotive
  8. costruzione di infrastrutture (strade, ferrovie, tunnel, ponti) e servizi di trasporto passeggeri, merci, trasporti sia aerei che terrestri, servizi postali
  9. servizi di informazione tecnologica: telecomunicazioni, servizi radio - televisivi, servizi internet
  10. settore immobiliare: limitazioni nella costruzione di luxury hotel, sviluppo aeree di territorio solo attraverso cooperazioni e joint ventures con imprese locali (divieto costruzioni di ville)
  11. ricerca  scientifica  (e.g.  divieti  nelle  sperimentazioni  come  la  ricerca  con  cellule staminali)
  12. settore educativo, dell’istruzione e servizi sociali
  13. arte, sport, divertimento (nell’aera sorgerà il più grande parco Disney del mondo)
  14. ambito ecologico - ambientale.

 

La lista ufficiale più completa e dettagliata è pubblicata in lingua inglese sul sito dedicato al progetto.

Nei settori elencati i capitali esteri possono avere completamente vietato l’accesso o, in altri  casi, l’accesso è possibile unicamente per  mezzo di  cooperazioni e joint venture con imprese locali nel rispetto, comunque, di alcuni requisiti come quello della sottoscrizione di un capitale minimo o delle percentuali di proprietà e controllo che dovranno essere detenute a maggioranza dalla parte cinese.