L’applicazione dei principi comunitari in materia di concorrenza e l’affidamento da parte degli enti

L’Unione Europea ha influenzato in maniera determinante la normativa in tema di appalti pubblici.
Infatti, a fronte della originaria disciplina nazionale contenuta nella legge di contabilità di Stato (1) e del Regolamento per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato (2) , si erano viepiù stratificate nel tempo ulteriori disposizioni, disposizioni che sono state successivamente sostituite dal cd. “Codice degli appalti” (3).

Tale codice ha finito con l’essere a sua volta parzialmente assorbito dal d. lgs. n. 104 del 2 luglio 2010, contenente il nuovo Codice del processo amministrativo, relativamente alle disposizioni processuali concernenti appunto gli appalti e che sono a loro volta ispirate dalla normativa comunitaria.

Per quanto riguarda gli aspetti sostanziali della disciplina, sono di rilevanza fondamentale i principi generali che ne sono alla base, principi che hanno ispirato il legislatore e che continuano a guidare la giurisprudenza, allorquando la medesima è chiamata a confrontarsi col caso concreto a fronte delle inevitabili lacune legislative e delle trascuratezze che troppo spesso affiorano nell’operato della pubblica Amministrazione.

Ci si riferisce, in particolare, ai principi di trasparenza, rotazione, adeguata pubblicità e parità di trattamento che sono volti a tutelare la concorrenza.Non bisogna dimenticare, infatti, che l’odierna Unione Europea, che oltre a prevedere l’istituzione di una moneta unica ha anche attribuito ai cittadini dei singoli Stati membri un vero e proprio diritto di cittadinanza europea (4) , è nata da un accordo commerciale quale quello della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, brevemente detta “CECA”.

Appare a questo punto opportuno entrare in medias res e passare all’esame di una recente sentenza del TAR Napoli, che si distingue per la quantità di spunti che offre in materia di appalti sia per i profili sostanziali sia per quelli processuali, fermo restando che l’analisi del presente scritto riguarderà solamente i primi.

Ci si riferisce, in particolare, alla sentenza n. 3089 e depositata il 28 giugno 2012 del Tar Campania, Napoli Sez I, con la quale i giudici dell’Amministrazione sono stati chiamati a pronunciarsi su una serie di determine di un Comune campano, afferenti diversi affidamenti in economia di attività di rilegatura di atti nonché di fornitura di volantini e depliant, che erano stati attribuiti sempre alla stessa ditta.

I magistrati amministrativi, nella parabola motivazionale della sentenza, hanno osservato innanzi tutto come i suindicati principi di trasparenza, rotazione, parità di trattamento e pubblicità costituiscano “assi portanti del sistema dell’evidenza pubblica” nel suo complesso e che, come tali, “la loro applicazione trascende le singole tipologie di evidenza pubblica e si impone in forza dei valori comunitari e nazionali di riferimento” (5).

I passaggi appena evidenziati mettono bene in risalto quanto detto nella parte introduttiva del presente scritto, laddove si evidenziava come i principi comunitari abbiano pervaso la relativa normativa nazionale.

Per quel che concerne poi il più specifico aspetto riguardante l’applicabilità di detti principi alla procedura di affidamento in economia, occorre innanzi tutto spiegare brevemente il concetto di “affidamento in economia”.

L’art. 125 del codice degli appalti prevede due forme di affidamento in economia: ’amministrazione diretta e la procedura del cottimo fiduciario.

Nel caso di amministrazione diretta le acquisizioni avvengono con materiali e mezzi propri dell’ente appaltante ovvero acquistati o noleggiati per l’occasione nonché con personale interno della pubblica Amministrazione. Tale figura non prevede quindi l’intervento di alcun imprenditore, bensì la nomina di un responsabile del procedimento.

Nel cottimo fiduciario, invece, le acquisizioni vengono espletate mediante l’affidamento a soggetti terzi.

Per entrambi i casi la legge prevede precise condizioni, al fine di poter essere validamente esperite da parte dell’Amministrazione ed entrambe le ipotesi configurano una forma di procedura negoziata sia pure semplificata.

Il caso esaminato dal Tar Campania era, evidentemente un’ipotesi di cottimo fiduciario e al riguardo non potrà farsi a meno di evidenziare che, in quanto procedura negoziata, anche alla medesima debbono applicarsi i suindicati principi.

In effetti, il Tar Campania non ha solamente enunciato l’astratta applicazione dei principi medesimi al caso di specie, ma ha altresì specificato che nella formazione di elenchi contenenti i diversi soggetti a cui affidare i lavori in economia, l’ente territoriale è anche chiamato a chiarire “con precisione i criteri di attribuzione delle singole commesse, e specificatamente l’ordine nella chiamata e il numero massimo di affidamenti per singola impresa”.

Inoltre, nell’ipotesi in cui l’ente ometta cionondimeno di specificare i criteri di rotazione tra i soggetti fornitori “l’affidamento del medesimo servizio nell’arco di più annualità alla medesima ditta costituisce di per sé violazione del quadro normativo delineato”.

Per vero, il Comune ha tentato di difendersi asserendo che la prassi oggetto dell’impugnativa andasse invece giustificata sulla base di una presunta esigenza di continuità ed uniformità del servizio di rilegatura degli atti comunali.

L’osservazione non ha tuttavia convinto i giudici, i quali hanno anzi osservato come le prestazioni fossero standardizzate sia in termini di attività da svolgere che in termini di prezzo di mercato e che le stesse fossero dunque fungibili, con la conseguenza che l’applicazione del principio di rotazione diventerebbe un atto dovuto al fine di garantire la non discriminazione ed evitare il formarsi di situazioni di esclusiva se non addirittura monopolistiche.

La sentenza prosegue, poi, affrontando una serie di questioni quali l’inefficacia dei contratti ed il risarcimento del danno subìto dalla ricorrente, questioni che se pur assai interessanti esulano dall’analisi del presente scritto.

Prima di concludere l’analisi della pronuncia in questione, appare opportuno notare come la medesima non abbia avuto ad oggetto uno specifico atto dell’ente locale, bensì, come hanno avuto modo di precisare gli stessi giudici, “l’azione amministrativa nel suo complesso”, azione che ha riguardato cioè un intero arco temporale e che ha avuto ad oggetto non già una singola scelta, bensì una serie di scelte le quali, tutte assieme, hanno quindi determinato l’illegittimità dell’operato da parte dell’Amministrazione.

Sempre in materia di appalti pubblici e di affidamento diretto deve altresì essere segnalata una recentissima sentenza della Corte di Giustizia Europea con la quale i magistrati di detta

Corte hanno stabilito che è vietato l’affidamento diretto senza gara tra gli enti pubblici (6).

La decisione, seppur in astratto non sembra affermare alcunché di particolarmente innovativo, avrà sicuramente delle ripercussioni notevoli in Italia, in quanto l’art. 14 c. 1 della legge n. 241 del 1990 consente alle Amministrazioni pubbliche di concludere accordi tra loro per disciplinare la collaborazione di attività di interesse comune, mentre l’art 66 del DPR 382 del 1980 disciplina i contratti di ricerca, di consulenza e convenzioni di ricerca per conto terzi da parte delle università.

Fino ad oggi, infatti, le università pubbliche potevano fornire prestazioni di ricerca e consulenza agli enti pubblici o privati purché tale attività non pregiudicasse la loro funzione didattica.

In effetti, il caso concreto che ha dato luogo alla pronuncia ha riguardato in effetti un caso tutto italiano. Una ASL pugliese aveva infatti approvato un contratto con una locale università per lo svolgimento di attività di studio sulla sicurezza antisismica di alcune strutture ospedaliere. Il tutto era avvenuto senza esperimento di una gara ad evidenza pubblica ed una serie di ordini ed associazioni professionali nonché alcune imprese avevano impugnato il relativo provvedimento.

Il Consiglio di Stato, in quanto organo giudicante di ultimo grado, ha chiesto alla Corte di Giustizia della Comunità di pronunciarsi sulla compatibilità con la normativa comunitaria di una legge nazionale che consente la stipulazione di un contratto con il quale due enti pubblici regolano tra loro una cooperazione come quella del caso di specie.

La Corte, nel ricostruire il quadro normativo a livello comunitario e dopo aver ricordato quali siano le uniche eccezioni ammesse alla regola dell’asta pubblica vale a dire affidamento in house e contratti volti a instaurare un’operazione tra enti pubblici sempre che finalizzata a garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico, ha stabilito che “Il diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici osta ad una normativa nazionale che autorizzi la stipulazione, senza previa gara, di un contratto mediante il quale taluni enti pubblici istituiscono tra loro una cooperazione, nel caso in cui – ciò che spetta al giudice del rinvio verificare – tale contratto non abbia il fine di garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune agli enti medesimi, non sia retto unicamente da considerazioni ed esigenze connesse al perseguimento di obiettivi d’interesse pubblico, oppure sia tale da porre un prestatore privato in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti”.

Non resta dunque che attendere il 18 giugno 2013, data in cui il Supremo Consesso sarà chiamato a decidere con sentenza definitiva per ottenere ulteriori chiarimenti in materia.

1) R.D. n. 2440 del 18 novembre 1923

2) R.D. n. 827 del 23 maggio 1924

3) d. lgs. n. 163 del 2006 “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”.

4) Si ricordi che proprio grazie a tale diritto, i cittadini di uno Stato membro che si trovino in uno stato terzo con il quale il proprio paese di origine non intrattenga rapporti diplomatici, possono, qualora in difficoltà, invocare la “protezione diplomatica” nei confronti di una rappresentanza diplomatica di uno S.M. qualsiasi che intrattenga invece rapporti con tale Stato

5) cfr. artt. 2, 27, 30 e 125 cod. contr. pubbl., rispettivamente in materia di principi, principi relativi ai contratti esclusi, concessione di servizi nonché lavori, servizi e forniture in economia

6) C.G.C.E., sent. n. C-159/11 del 19.12.2012