Free Trade Zone di Pudong (Shanghai)

Cina, uno fra i pochi paesi che non ha conosciuto alcun genere di arresto economico contando un tasso di crescita annuo pari circa allo 7,8% nel 2013. La Cina è una nazione con una economia matura e grandi potenzialità economiche ma al contempo non priva di insidiosi aspetti normativi poco chiari per l’investitore estero. Al fine di rendere più appetibili gli investimenti nel territorio, il Governo sta pianificando una serie di riforme strutturali che daranno avvio ad una fase di maggiore internazionalizzazione ed apertura.

La grande novità è stata annunciata lo scorso luglio da Pechino e ha preso forma poche settimane dopo, alla fine del mese di settembre, con l’inaugurazione del progetto, ma si attendono linee guida sempre più dettagliate nei mesi a venire.

Il progetto sperimentale, fortemente voluto dal premier Li Keqiang, è quello di una grande zona di libero scambio sita nella municipalità di Shanghai che si estenderà per più di 28 km quadri. Precisamente si tratta della nuova free trade zone di Pudong che sorgerà in adiacenza all’area comprendente l’aeroporto di Pudong e le zone franche di Wai Gao Qiao, già centro economico del paese. Questa parte di territorio è destinata a diventare una zona in diretta competizione con Hong Kong e Singapore, ad oggi le area economicamente più sviluppate dell’Asia Orientale.

E’ importante dare una definizione di cosa si intende per Free Trade Zone: aree di territorio all’interno di uno Stato entro cui le imprese possono usufruire di condizioni agevolate per l’esercizio dell’attività economica, dalla produzione al commercio, fino a comprendere servizi di stoccaggio, consulenza e brokeraggio. Per attrarre flussi di capitale straniero sono previsti, à la carte del progetto, una serie di provvedimenti diretti a garantire esenzioni fiscali, sgravi sui contributi del personale dipendente, riduzione dei dazi sulle esportazioni, procedimenti doganali più snelli ma, prima di tutto, la possibilità concreta per gli imprenditori stranieri di essere proprietari al 100% della loro attività, senza più grandi limitazioni o alcuna necessità di ricorrere a joint venture o ad altre forme di cooperazione con le imprese locali per poter operare nel mercato cinese.

La Free Trade Zone, che rappresenta anche una sorta di test per il paese intero, segna l’inizio di una più profonda riforma che potrebbe indirizzare la Cina verso una maggiore integrazione nell’economia mondiale.

In questa parte di territorio sarà data la possibilità di operare con maggior margine di libertà.

Per rendere più competitiva la moneta locale RMB, al pari del Dollaro e dell’Euro, sarà possibile la piena convertibilità della valuta cinese. Le banche dell’aerea potranno impostare liberamente i cambi del renminbi.

Per ciò che riguarda più direttamente le imprese, si prevede una semplificazione della procedura di inizio attività che si risolverà in un’unica autorizzazione. Cambia, quindi, il modo di porsi del Governo: dall’esercizio di un controllo preventivo che rendeva necessario una lunga serie di adempimenti burocratici ad un ruolo di sorveglianza che si materializzerà in più snelli controlli successivi.

Per quanto riguarda più nella specie i servizi bancari e finanziari, sarà possibile la costituzione di istituti di credito stranieri all’interno della zona franca (sarà in ogni caso necessario il rispetto di un capitale minimo). Ad alcuni degli istituti bancari più qualificati sarà data la possibilità di offrire anche servizi a sostegno del business offshore e di finanziamento delle attività cross-border.

Si prevede un sistema di libero flusso dei beni per gli scambi import/export e una serie di misure atte a promuovere la posizione strategica della zona e la miglioria dei servizi di logistica e per lo sviluppo dei trasporti soprattutto marittimi: il Governo prevede campagne di promozione delle pratiche di flag of convenience e incentivi per favorire la registrazione delle navi internazionali a Shanghai. Saranno inoltre alleviate le restrizioni per la partecipazione di capitale straniero alle imprese che operano nel settore del trasporto marittimo internazionale.

Interessante è la portata innovativa del regime fiscale preferenziale predisposto per le imprese stabilite nell’aera di interesse. Alle società cinesi che operano nel commercio estero e alle società costituite con capitale straniero si applicherà l’aliquota corporate del 15% anziché quella standard del 25%, attualmente in vigore.

La zona franca sarà una area duty-free: piena esenzione da imposte dazi e iva sui beni importati. Un regime dazi-iva agevolato anche per le ri-esportazioni dei prodotti finiti.

Novità anche per le libere professioni: saranno incentivate le cooperazione tra law firm estere e quelle cinesi, nei mesi successivi da Pechino avremo maggiori informazioni a riguardo.

Possibilità di costituire imprese cino-straniere di gestione delle risorse umane, con una partecipazione di capitale estero non superiore al 70%, eccezion fatta per gli investimenti provenienti da Hong Kong e Macao, per i quali non vi è alcun limite di eccedenza.

Per quanto riguarda il settore edilizio, sarà concesso alle imprese straniere registrate nell’aerea della Free Trade Zone, di partecipare a progetti di costruzione in cooperazione con le imprese locali.

Investimenti esteri ammessi anche in ambito biomedico con annessa facoltà di costituire istituti medici a capitale interamente straniero. Accessibilità degli investimenti anche nel settore turistico, delle telecomunicazioni con una importante novità: apertura della piattaforma internet all’accesso di alcuni grandi colossi mondiali come Facebook, Twitter, Google (Microsoft è stato il primo colosso ad acquistare la licenza per operare nella zona). Il Governo si riserva in materia poteri di controllo e di regolamentazione. Per le imprese totalmente a capitale straniero sarà più facile ottenere licenze e autorizzazioni per l’accesso anche nel settore entertainment (non esente del tutto da limitazioni), in passato l’accesso era riservato solo attraverso forme di joint ventures.

A fronte di tutte queste riforme strutturali, di cui si attendono maggiori definizioni, il Governo di Pechino ha anche rilasciato, contemporaneamente all’inaugurazione della zona franca, una black list molto dettagliata di tutti i settori ancora preclusi, in tutto o in parte, agli investimenti esteri.

Non potranno operare in totale libertà gli imprenditori stranieri che vorranno esercitare attività pertinenti ai seguenti settori (in sintesi):

  • pesca, agricoltura e allevamento (possibilità di esercizio solamente attraverso joint venture o altre forme di cooperazione con le imprese locali, rispetto di un capitale minimo e divieti assoluti per quanto riguarda la trattazione di alcune specie di flora e fauna protette);
  • attività mineraria (estrazione di materiali ferrosi e non) e limitazioni riguardanti anche le attività di supporto all’industria estrattiva;
  • produzione di tabacco, alcool, bevande (liquori cinesi) e tea cinese;
  • industria di produzione della carta;
  • produzioni energetiche (anche gas, petrolio) e industria nucleare;
  • industria chimica e farmaceutica;
  • industria automotive;
  • costruzione di infrastrutture (strade, ferrovie, tunnel, ponti) e servizi di trasporto passeggeri, merci, trasporti sia aerei che terrestri, servizi postali;
  • servizi di informazione tecnologica: telecomunicazioni, servizi radio - televisivi, servizi internet;
  • settore immobiliare: limitazioni nella costruzione di luxury hotel, sviluppo aeree di territorio solo attraverso cooperazioni e joint ventures con imprese locali (divieto costruzioni di ville);
  • ricerca scientifica (e.g. divieti nelle sperimentazioni come la ricerca con cellule staminali);
  • settore educativo, dell’istruzione e servizi sociali;
  • arte, sport, divertimento (nell’aera sorgerà il più grande parco Disney del mondo);
  • ambito ecologico - ambientale.

La lista ufficiale più completa e dettagliata è pubblicata in lingua inglese sul sito dedicato al progetto: http://en.shftz.gov.cn/Negative%20List.pdf. Nei settori elencati i capitali esteri possono avere completamente vietato l’accesso o, in altri casi, l’accesso è possibile unicamente per mezzo di cooperazioni e joint venture con imprese locali nel rispetto, comunque, di alcuni requisiti come quello della sottoscrizione di un capitale minimo o delle percentuali di proprietà e controllo che dovranno essere detenute a maggioranza dalla parte cinese.

L’interesse per il mercato cinese ed asiatico cresce sempre più e con esso la necessità di integrare servizi di consulenza in diritto e finanza d’impresa capaci di fornire la risposta più corretta nel minor tempo possibile.

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In virtù di accordi stretti con partner locali, riesce a fornire ai propri clienti ogni informazione per coprire qualsiasi servizio di supporto all'azienda: set up societari, tax planning, HR, contabilità e altro. L’Asian Desk è coordinato dagli avvocati Alessandro Benedetti e Silvano Lorusso dalla sede di Milano. “Il nostro Asian Desk ha come interlocutori sia potenziali clienti asiatici interessati a svolgere attività in Italia, Europa e Stati Uniti, sia soggetti provenienti dalle tre aree indicate che abbiano interessi in Asia. BLB offre una consulenza di diritto internazionale commerciale ai propri clienti. Grazie all’approccio multidisciplinare ed internazionale del team, l’Asian Desk supporta i propri clienti nella definizione sia della struttura sia della parte più operativa di operazioni di M&A, real estate, diritto commerciale,  ed in genere di transazioni complesse, che richiedono un considerevole livello di competenza” spiega Alessandro Benedetti.

“Abbiamo privilegiato l’investimento in relazioni professionali mirate, con soggetti direttamente attivi nei mercati di Hong Kong, Singapore, Indonesia e Cina. Una scelta che permette alla nostra struttura di essere molto snella, facilmente attivabile in località ed operazioni specifiche, di specifica competenza e economicamente più conveniente, avente costi fissi di struttura molto limitati” sottolinea Silvano Lorusso.

 

Avv. Alessandro Benedetti

Giulia Laddaga

 

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