Il fenomeno “Fake news”: una sfida.

Da più di un anno si parla quasi ogni giorno di cosiddette fake news, inventate per attirare l’attenzione dei lettori con l’obiettivo di incrementare artificialmente il numero di visitatori e generare maggiori ricavi pubblicitari.

La parola fake news è stata finora, per la maggior parte, usata in ambito politico. Qualcuno sostiene che le prime “fakes” siano state pubblicate al fine di danneggiare una persona o un partito politico. Oggi se ne parla anche con riguardo a notizie di cronaca, gossip, economiche.

Un ruolo determinante per la diffusione delle notizie false hanno giocato (e continuano a farlo) i social media, che hanno reso facilmente virali news senza possibilità che ci fosse un controllo alla fonte. Pensiamo alla semplicità di utilizzo ed alla capillare diffusione di strumenti come Facebook, Twitter, o anche alla facilità di realizzare siti e blog dinamici attraverso piattaforme come WordPress.

Per far fronte a questo fenomeno, le maggiori piattaforme sociali hanno annunciato enormi investimenti tecnici e personali per reprimere la disinformazione online: Facebook con il c.d. fact checking per contrassegnare storie false; Twitter con il miglioramento dei controlli per contrastare la proliferazione dei cosiddetti “BOT” (software creati per svolgere attività automatizzate sul web ma che vengono utilizzati per scopi talvolta illeciti come, appunto, diffusione di fake news, promozioni di siti pedo-pornografici, incitamento all’odio) e Google con l’utilizzo di algoritmi migliori per sorvegliare l’attività su YouTube.

Tra le conseguenze di natura legale che possono derivare dalla pubblicazione delle fake news, segnaliamo, ad esempio, l’integrazione della fattispecie di diffamazione con i mezzi di pubblicazione, di cui al terzo comma dell’art. 595 del codice penale il quale prevede che “Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro”. Ancora, potrebbe incorrere l’integrazione della fattispecie di  reato di cui all’art. 656 del codice penale, il quale sancisce che “Chiunque pubblica o diffonde notizie false, esagerate o tendenziose, per le quali possa essere turbato l’ordine pubblico, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 309.” Accanto alle conseguenze di natura penalistica, è possibile poi che conseguano anche responsabilità in termini di illecito civile, con gli ovvi obblighi risarcitori a seguire.

Oggi comunque manca ancora una normativa specifica per contrastare tale fenomeno. Esiste solo una proposta di legge, del febbraio di 2017, denominata “Disposizioni per prevenire la manipolazione dell’informazione online, garantire la trasparenza sul web e incentivare l’alfabetizzazione mediatica”. La proposta di legge stabilisce che coloro che diffondono "informazioni false, esagerate o fuorvianti su dati o fatti che sono dimostrabilmente infondati o falsi" saranno puniti con una multa fino a cinquemila euro, e quando le notizie riportano "allarme pubblico o danni agli interessi pubblici" è prevista una pena detentiva per un periodo non inferiore a 12 mesi e una multa fino a € 5.000,00.

Chiunque diffonde online ‘campagne d’odio contro individui o di campagne volte a minare il processo democratico’ sarà punito con la reclusione non inferiore a due anni e con l’ammenda fino a € 10.000,00. Il disegno di legge inoltre prevede, al fine di accrescere la trasparenza e contrastare l’anonimato, le misure volte a rendere facilmente identificabili gli autori. All’atto di apertura di una piattaforma destinata alla diffusione d’informazioni, l’amministratore dovrebbe, entro quindici giorni dalla diffusione online darne apposita comunicazione, tramite posta elettronica certificata, alla Sezione per la stampa e l’informazione del tribunale territorialmente competente, trasmettendo il nome e l’URL della piattaforma elettronica, e alcuni dati personali dell’amministratore del sito. 

La Commissione Europea, al fine di proteggere la libertà di informazione e il pluralismo dei media, metterà a lavoro un gruppo di esperti il cui compito sarà di aiutarla a delimitare il fenomeno e coglierne la dimensione internazionale. Questo gruppo di esperti sarà composto da soggetti provenienti dal mondo accademico, dai media, organizzazioni di settore del mondo dell'informazione, organizzazioni della società civile, e sarà operativo dal gennaio 2018.

L’obiettivo principale è di trovare il giusto equilibrio tra libertà di espressione, pluralismo dei media e diritto dei cittadini ad informazioni affidabili.

Nel frattempo è stata lanciata una consultazione pubblica online che permetterà di raccogliere informazioni su: la definizione di informazioni false e la loro diffusione online, la valutazione delle misure già adottate dalle piattaforme, dalle imprese operanti nel settore dell’informazione e dalle organizzazioni della società civile per contrastare la diffusione di informazioni false online.

La consultazione pubblica è aperta a cittadini, social media, organi di stampa, autorità pubbliche e ricercatori, chiamati a esprimere il loro parere, con lo scopo di raccogliere le idee sulle azioni che la UE può intraprendere per offrire ai cittadini strumenti efficaci per individuare informazioni affidabili e verificate e adattarsi alle sfide dell’era digitale.

Il lavoro degli esperti, e i risultati della consultazione pubblica, che si chiuderà il 23 febbraio 2018, contribuiranno alla definizione di una strategia dell’UE per contrastare la diffusione di notizie false, che sarà presentata nella primavera del 2018.