La Cina si racconta all’Italia nel suo percorso verso la sicurezza alimentare

Lo scorso 13 giugno, presso la Luiss Guido Carli, si è tenuto un importante convegno internazionale in materia di diritto alimentare, che ha coinvolto illustri esponenti della classe politica italiana e cinese.

Nel dettaglio, hanno preso parte all’evento Maurizio Martina (Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali), Beatrice Lorenzin (Ministro della Salute), Elisabetta Belloni (Segretario Generale del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale), Li Ruiyu (Ambasciatore della Repubblica Popolare Cinese in Italia), Xie Jianmin (Vice Rappresentante Permanente della Repubblica Popolare Cinese presso la FAO), Zhang Jing (Capo delegazione della China Food and Drug Administration), Luigi Scordamaglia (Presidente Federalimentare) nonché, in videocollegamento dalla Cina, Ettore Francesco Sequi (Ambasciatore d'Italia presso la Repubblica Popolare Cinese).

Il tema è di estrema importanza e merita di essere letto sotto la lente della tutela del consumatore, della sicurezza alimentare e della contraffazione; ancora, un aspetto che merita di essere approfondito è la recente normativa adottata dall’amministrazione di Shanghai nota come “Food safety regulation”.

Nel corso del convegno è stata evidenziata la necessità di addivenire a una sostenibilità integrale e integrata nel settore alimentare, per ciò intendendosi una perfetta sintonia tra qualità dei prodotti presenti sul mercato alimentare e sicurezza.

Il Ministro Lorenzin ha individuato, tra gli strumenti utili per il raggiungimento di questo obbiettivo, la soft law, ossia la stipulazione di accordi e intese commerciali, segno dell’apertura per l’edificazione di strumenti in grado di proteggere e tutelare il consumatore e, così, a monte i prodotti alimentari. A sostegno del proprio assunto, il Ministro ha ricordato il recente accordo siglato tra l’Unione Europea e la Cina sotto la cui egida è stata conferita protezione a 100 prodotti alimentari, ora IGP, di cui 26 italiani.

Nel settore agroalimentare la presenza italiana è, da tempo, molto forte. Dalle parole dell’Ambasciatore della Repubblica Popolare Cinese in Italia, Li Ruiyu, è emerso come la Cina, attraverso la Food Law, miri anche a garantire il valore della salute, puntando su sistemi che consentano il controllo dell’aging e della nutrizione.

Un ulteriore tema che ha trovato spazio durante il convegno è stato quello legato alla contraffazione: nel 2016 in Cina oltre 14.000 licenze commerciali del settore food sono state revocate, con la confisca di 163 milioni di RMB.

Questo ha portato la Shanghai Food and Drug Administration a varare la recente normativa in materia di sicurezza alimentare, direttamente applicabile a tutti gli operatori del mercato food, a ogni stadio della filiera.

Anzitutto, per l’accesso, è richiesto il previo ottenimento di una licenza rilasciata sulla base del settore merceologico, entro il quale dovrà essere limitata e parametrata l’operatività concreta (produzione, fornitura o distribuzione), con una specifica licenza per le imprese produttrici di prodotti agricoli indirizzati al consumo diretto.

La normativa prevede il rispetto di standard stringenti in punto di raccolta e conservazione del prodotto, che dovrà avvenire a determinate temperature e secondo specifiche tecniche di assemblaggio atte a evitare qualsiasi forma di inquinamento e/o alterazione.

Anche a livello di vendita, la scadenza deve essere indicata in maniera chiara ed evidente agli occhi del consumatore e i prodotti con una scadenza di breve termine dovranno essere posizionati su uno scaffale a parte ai fini di un immediato riconoscimento.

La via su cui sembra muoversi la Cina, in sintonia con l’Italia e, più in generale, con l’Europa, è quella della sicurezza: una via senza compromessi, che rispetti le certificazioni europee di qualità e ne faccia oggetto di un mercato sicuro, scevro di ogni tentativo di contraffazione.

Questa strada si è convinti porterà alla maggiore e sempre crescente tutela della salubrità, che è, difatti, obiettivo della Cina mirato sotto ogni punto di vista, compreso quello ambientale, iconizzato nel programma Healthy Shanghai 2030, al termine del quale l’80% dei giorni, in Shanghai, saranno caratterizzati da un’aria buona, bonificata e (pressoché) priva di smog.

Il percorso è lungo, ma la direzione è quella giusta.