Produzione e vendita dell’‘‘erba legale’’: più dubbi che certezze

A più di un anno dal varo della Legge sulla canapa industriale, il mancato intervento esplicativo del Legislatore, a più riprese invocato, ha lasciato irrisolti i diversi profili problematici annidati nei chiaroscuri del quadro normativo, tra cui vale la pena esaminare partitamente –  in quanto forieri di ricadute applicative di considerevole rilievo – quelli involgenti: la tutela del distributore nei confronti del produttore; la tutela del consumatore nei rapporti con gli organi di polizia giudiziaria; l’inquadramento merceologico delle infiorescenze.

Tutela del distributore

Dal silenzio serbato dalla Legge al commercio delle infiorescenze e dall’interpretazione elastica della norma di salvaguardia di cui all’art. 4, comma V –  tale per cui l’esonero da responsabilità espressamente previsto per il coltivatore deve considerarsi esteso anche nei confronti del commerciante –, è stata inferita la legittimità della messa in vendita delle infiorescenze di canapa, a condizione che le stesse presentino un contenuto di THC non superiore allo 0.6%.

Pertanto, ai fini dell’applicazione della predetta causa di esonero da responsabilità, il distributore sarebbe legittimato – il condizionale è d’obbligo stante l’incertezza che regna in materia – a pretendere dal coltivatore il rilascio di idonea certificazione attestante il rispetto delle soglie di THC ammesse per legge.

In tale ottica, al fine di scongiurare il rischio di contaminazioni o manipolazioni del contenuto qualitativo – anche in termini di THC – del prodotto, è legittimo opinare che lo stesso debba essere consegnato al distributore già confezionato, sigillato oltre che munito di etichetta contenente – a titolo esemplificativo –  l’indicazione dell’area geografica di provenienza del prodotto, delle caratteristiche del suolo, dei pesticidi e fertilizzanti eventualmente utilizzati, dei controlli effettuati su muffe e parassiti etc..

Tutela del consumatore – sequestro del prodotto –

Sebbene il commercio delle infiorescenze a contenuto legale di THC debba, secondo l’opzione che appare da preferire, considerarsi legittimo, tale sarebbe da ritenersi anche il sequestro preventivo dispostone dagli organi di polizia giudiziaria fintantoché l’esito delle analisi condotte in laboratorio non conduca a rilevare un livello THC contenuto entro i limiti di legge.

Difettando in capo agli organi di polizia giudiziaria la dotazione di un ‘‘test rapido’’ in grado operare un distinguo tra la cannabis illegale e la sua variante ‘‘light’’, l’unico strumento a disposizione del sequestrando per sottrarsi all’apertura delle indagini e conservare la disponibilità della merce parrebbe essere rappresentato – unitamente ad un adeguato grado di conoscenza delle nuove norme da parte degli agenti accertatori –, dall’esibizione dello scontrino o di un foglio da contenersi all’interno della confezione – a mo’ di ‘‘Bugiardino’’ dei farmaci – attestante l’effettiva concentrazione di THC nei limiti di legge.

Tutela del consumatore – test antidroga alla guida –

Non può escludersi che dai test antidroga attualmente a disposizione degli organi di polizia giudiziaria, idonei ad accertare la sola presenza del metabolita THC – COOH e non l’effettivo stato di ‘‘alterazione psicofisica’’ del conducente, possa essere rilevata nelle urine dell’assuntore di cannabis ‘‘light’’ la presenza del predetto metabolita in concentrazioni – superiori a 50 ng/ml – tali da determinare la positività al test.

Si ritiene pertanto doverosa, in quanto conforme ai canoni di correttezza e buona fede negoziale che devono informare i rapporti commerciali, la segnalazione della predetta evenienza sulla etichetta del prodotto, accompagnata dall’invito a non mettersi alla guida dopo il consumo.

Per contro, le dichiarazioni con cui i produttori e i commercianti del settore hanno costantemente rassicurato i consumatori circa la non positività ai test parrebbero idonee ad integrare gli estremi del reato di frode nell’esercizio del commercio – ex art. 515 c.p. – in quanto suscettibili di smentita; una tale affermazione, infatti, non prendendo nella giusta considerazione l’incidenza di variabili soggettive quali metabolismo e consumo giornaliero, non può essere sostenuta con assoluta certezza.

In via di mera approssimazione e senza pretesa di esattezza scientifica, considerato che in un grammo di canapa con concentrazione di THC al 0.6% sono contenuti 0,6 mg di THC e che le infiorescenze di canapa industriale oggi in commercio presentano un contenuto di principio attivo inferiore allo 0,2%, potrebbe ragionevolmente sostenersi, al netto delle suindicate variabili, che un consumo giornaliero inferiore ai tre grammi scongiuri il rischio positività.

Incerto inquadramento merceologico

Le infiorescenze di canapa industriale la cui destinazione d’uso, nel silenzio della Legge, è stata in via di mera autoregolamentazione sussunta dalle stesse imprese distributrici nella generica quanto imprecisata formula ‘‘uso tecnico, non medicinale, alimentare o da combustione’’, risultano di incerta riconduzione ad uno specifico settore merceologico.

Da un lato, infatti, non risulta che le stesse possano considerarsi alla stregua di un alimento, posto che la commercializzazione del prodotto sfugge alla relativa disciplina di settore – ex art. 2, comma 2, lettera a) Legge 242/2016 – e, in particolare, agli stringenti controlli previsti sui generi alimentari – in particolar modo quelli sulla provenienza, origine del prodotto, tipologia del terreno, coltivazione, pesticidi, fertilizzanti etc. –.

Alla riconduzione delle infiorescenze nella predetta categoria parrebbe ostare, inoltre, l’interpretazione di una bozza di decreto diramata – ai sensi dell’art. 5 della Legge 242/2016 – dal Ministro della salute, contenente l’indicazione dei livelli massimi di THC ammessi negli alimenti derivanti dalla canapa quali i semi, la farina ottenuta dai semi, l’olio ottenuto dai semi, ma non le infiorescenze in quanto non espressamente menzionate.

Ne discende che, salvo eventuali modifiche in sede di approvazione definitiva, anche in ambito alimentare l’uso delle infiorescenze non è destinato ad essere riconosciuto e regolamentato.

Dall’altro lato, non risulta neppure essersi in presenza di un prodotto sostitutivo del tabacco, posto che in tale evenienza si ricadrebbe sotto l’egida della Legge sui Monopoli di Stato che fa espresso divieto di produrre o commercializzare prodotti sostitutivi o succedanei dei tabacchi senza la previa autorizzazione da parte dei Monopoli.

La poca chiarezza normativa vigente in materia ha pertanto indotto la Federazione italiana tabaccai (Fit) a richiedere al Ministero della salute e all’Agenzie delle dogane e dei monopoli l’emissione un intervento esplicativo circa la liceità o meno della vendita al pubblico nelle tabaccherie dei prodotti a base di ‘‘cannabis light’’; in attesa di ricevere un responso, la Fit ha in via prudenziale invitato i tabaccai a non procedere alla vendita delle infiorescenze legali.