Il D.lgs n. 216/2017 in tema di intercettazioni mediante l’utilizzo del captatore informatico

Con il provvedimento in parola, viene codificato l’utilizzo del captatore informatico nella fase delle indagini. Le nuove regole consentono sicuramente tale impiego rispetto ai reati di criminalità organizzata e terrorismo, mentre dubbi rimangono sulla possibilità concreta dell’utilizzo di tale strumento investigativo in relazione ai delitti commessi contro la pubblica amministrazione ed i reati comuni. 

Il captatore informatico è un software che inserito in un dispositivo (computer, smartphone, tablet …) è in grado di captare da remoto sia flussi di dati sia di comunicazioni. Più in particolare, tale software informatico permette l’accesso occulto – con facoltà di copia – ai dati memorizzati nel dispositivo, la registrazione del traffico dati in arrivo o in partenza – incluso quanto viene digitato sulla tastiera -, la registrazione delle telefonate e delle videochiamate e, soprattutto, l’attivazione delle funzioni microfono e/o telecamera con possibilità, quindi, di apprendere i colloqui e carpire le immagini indipendentemente dalla volontà dell’utente.

Il sofware trojan quando viene installato su un dispositivo mobile, segue il soggetto in qualunque luogo esso si trovi, e mediante l’attivazione del microfono permette di ascoltare le conversazioni tra presenti. L’uso di tale strumento – nell’ambito delle indagini penali – pone il problema giuridico della predeterminazione del luogo fisico dell’intercettazione.

La captazione di conversazioni o comunicazioni tra presenti mediante l’uso di software informatici rientra – ratione materiae – nell’ambito delle intercettazioni ambientali, disciplinate dall’art. 266 c.p.p.

Il co. 2 del citato articolo non consente l’intercettazione ambientale nel domicilio, o in un altro luogo di privata dimora, salvo non vi sia fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l’attività criminosa. L’art. 13 del D.lgs n. 152/1993 convertito con L. n. 203/91 – in deroga al disposto normativo – consente l’intercettazione ambientale nell’abitazione, o in altri luoghi privati, nei procedimenti relativi ai delitti di criminalità organizzata, anche se non vi è fondato motivo di ritenere che ivi si stia effettivamente svolgendo l’attività criminosa.  

Le intercettazioni fra presenti eseguite con dispositivi informatici in grado di seguire il soggetto ovunque esso si trovi, rendono tecnicamente impossibile prevedere l’ambiente di svolgimento delle operazioni di captazione e quindi, diviene difficile ipotizzare un loro utilizzo per reati diversi da quelli di terrorismo, associazione per delinquere - anche di tipo mafioso - sequestro di persona, contraffazione e schiavitù (art. 51, commi 3-bis e 3-quater, c.p.p.)

Sui limiti applicativi della disciplina ex art. 266 c.p.p. alle intercettazioni tra presenti svolte con l’utilizzo di captatori informatici è intervenuta la Corte di Cassazione con la sentenza n. 27100/2015, affermando che il decreto autorizzativo deve individuare, con precisione, i luoghi nei quali dovrà essere espletata l’intercettazione, non essendo ammissibile un’indicazione indeterminata o addirittura l’assenza di ogni indicazione a riguardo.

La questione è stata oggetto anche di recente pronuncia delle SS.UU. penali della Corte di Cassazione (sentenza n. 26889/2016), secondo cui, non costituisce presupposto indefettibile per la legittimità e l’utilizzabilità delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni tra presenti, registrate mediante l’istallazione di un captatore informatico in dispositivi elettronici portatili, l’individuazione nel provvedimento autorizzativo del luogo di svolgimento delle operazioni di captazione ambientale. Il ricorso a tale mezzo investigativo è tuttavia consentito solo nell’ambito di procedimenti per reati di terrorismo, associazione per delinquere - anche di tipo mafioso - sequestro di persona, contraffazione e schiavitù (art. 51, commi 3-bis e 3-quater, c.p.p.), prevedendone tra l’altro l’impiego nei luoghi di privata dimora ex art. 614 c.p., anche in assenza del fumus commissi delicti.

Con il D.lgs n. 216/2017 contenente disposizioni in materia di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, sono sciolti i dubbi interpretativi, venendo introdotta la disciplina sull’utilizzo dei captatori informatici.

Il legislatore, in attuazione della legge delega n. 103/2017, ha infatti, codificato l’ambito d’impiego di siffatto strumento tecnologico, prevedendone l’ammissibilità anche nei casi di intercettazioni di colloqui tra persone presenti relative a delitti concernenti sostanze stupefacenti, armi, contrabbando, atti persecutori e pedopornografia (art. 266 c.p.p.). Quest’ultime, qualora avvengano nei luoghi di privata dimora, sono consentite solo se vi è fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l’attività criminosa.

Fermo restando l’utilizzo del captatore informatico con il microfono nell’ambito delle intercettazioni ambientali, il legislatore delegato - in deroga all’art. 13 del D.lgs n. 152/1993 - ha previsto che nei procedimenti per i delitti contro la pubblica amministrazione, l’intercettazione nei luoghi di privata dimora non possa essere eseguita mediante l’inserimento dei trojans, in assenza di probabilità effettiva di consumazione del reato.

In relazione ai reati di terrorismo, associazione per delinquere - anche di tipo mafioso - sequestro di persona, contraffazione e schiavitù, è sufficiente che il decreto autorizzativo indichi le ragioni giustificative di tale modalità investigativa, stante la peculiarità dei reati per cui si procede; mentre, nelle ipotesi previste dall’art. 266 c.p.p., il decreto deve disporre anche con riferimento al tempo e al luogo - seppur indirettamente determinati – di attivazione del captatore informatico, a garanzia dei diritti e delle libertà dei soggetti intercettati.

I dati registrati mediante l’ausilio dei virus intercettatori non possono essere utilizzati - come elemento di prova – in procedimenti penali relativi a fattispecie di reato diverse da quelle per le quali è stato emesso il decreto di autorizzazione. Al pari, non sono utilizzabili i dati acquisiti nel corso delle operazioni preliminari nonché quelli raccolti al di fuori dei limiti spazio-temporali indicati nel provvedimento del gip.  

L’art. 7 del D.lgs n. 216/2017 rinvia ad un successivo decreto ministeriale, in cui verranno definite le norme di attuazione delle disposizioni ivi introdotte in materia di intercettazioni mediante l’uso del captatore informatico.