D.L. n. 3 del 24 gennaio 2015 e criticità in materia di equity crowdfunding in Italia.

Il 25 gennaio 2015 è entrato in vigore il Decreto Legge n. 3 del 24 gennaio 2015, anche denominato “Investment Compact”, che si inserisce nell’alveo delle misure urgenti di adeguamento del sistema bancario  agli  indirizzi  europei, allo scopo di renderlo maggiormente competitivo e di favorire lo sviluppo economico nazionale, promuovendo una maggiore patrimonializzazione delle piccole e medie imprese italiane ed il loro concorso nei processi di innovazione del sistema produttivo.

 

La novità più rilevante introdotta dal citato decreto legge è la creazione di una nuova categoria di piccole e medie imprese, le “PMI innovative”, la cui definizione è stata elaborata a livello comunitario nella Raccomandazione 2003/361/CE, ed è confluita nel nuovo comma 5-undecies dell’articolo 1 del TUF, che richiede il possesso dei seguenti requisiti:  

a)     residenza in Italia o in uno degli Stati Membri dell'Unione Europea o in Stati aderenti all'accordo sullo Spazio Economico Europeo, purché abbiano una sede produttiva o una filiale in Italia;

b)    certificazione dell'ultimo bilancio e dell'eventuale bilancio consolidato redatto da un revisore  contabile o da una società di revisione iscritti nel registro dei revisori contabili;

c)     assenza di possesso di azioni quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione;

d)    assenza di iscrizione al registro speciale delle start-up innovative previsto dal decreto-legge n. 179/2012 (convertito con l. n. 221/2012);

e)     almeno due dei seguenti requisiti:

1.     volume di spesa in ricerca e sviluppo in misura uguale o superiore al 3% della maggiore entità fra costo e valore totale della produzione della PMI innovativa, escluse le spese per l'acquisto di beni immobili.

2.     impiego come dipendenti o collaboratori a qualsiasi titolo, in percentuale uguale o superiore  a 1/5 della forza lavoro complessiva, di personale in possesso di titolo di dottorato di ricerca o che sta svolgendo un dottorato di ricerca presso un'università italiana o straniera, oppure in possesso di  laurea e che abbia svolto, da almeno tre anni, attività di ricerca certificata presso istituti di ricerca pubblici o privati, in Italia o all'estero, ovvero, in percentuale uguale o superiore a 1/3 della forza lavoro complessiva, di personale in possesso di laurea magistrale;

3.     titolarità, anche quali depositarie o licenziatarie, di almeno un brevetto o un software registrato e direttamente afferente all'oggetto sociale e all'attività di impresa.

 

Il decreto legge ha provveduto, tra l’altro, a istituire un’apposita sezione speciale del Registro delle Imprese presso cui le PMI innovative devono essere iscritte.

 

La nuova figura delle PMI innovative è stata ideata allo scopo di consentire alle imprese in possesso delle suddette caratteristiche di accedere alle agevolazioni previste, in deroga al diritto societario, nei confronti delle start-up innovative e istituite con il D.L. n. 179/2012, in particolare quelle relative alla riduzione degli oneri per l’avvio d’impresa e alla remunerazione con strumenti finanziari.

Si segnala che per poter usufruire degli incentivi fiscali all’investimento di cui all’art. 29 del d.l. n. 179/2012, sono stabiliti dei presupposti diversi rispetto a quelli richiesti alle start-up: la PMI innovativa deve essere stata costituita da non oltre 7 anni, nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dal Regolamento UE n. 651/2014.

 

Peraltro, il suddetto Decreto Legge prevede la possibilità per le PMI innovative di avvalersi della disciplina in materia di equity crowdfunding, grazie alla quale tali imprese potranno accedere ai finanziamenti tramite portali online.

 

Nel complesso, l’intervento legislativo ha il chiaro obiettivo di facilitare l’incremento degli investimenti e l’attrazione di imprese e di capitali esteri sul territorio nazionale. Lo si evince innanzitutto dall’ambito di applicazione soggettiva della normativa di favore, per il quale opera infatti il criterio di residenza dell’impresa innovativa non solo sul territorio nazionale ma all’interno dell’intero Spazio Economico Europeo: è evidente l’intento di incentivare anche le imprese costituite all’estero a svolgere parte della propria attività sul territorio italiano.

 

Ancora più pervasivo in tale direzione è il tentativo di estendere ulteriormente l’applicabilità della normativa in materia di equity crowdfunding. Allo stato attuale, il finanziamento tramite portali online è accessibile da startup e PMI innovative, Organismi d’investimento collettivo del risparmio che investono prevalentemente in startup e PMI innovative e Società di capitali, sempre a condizione che investano prevalentemente in startup e PMI innovative.

L’accesso all’investimento in innovazione diventa quindi potenzialmente aperto al pubblico risparmio, sia italiano che estero, in un quadro macroeconomico in ripresa, seppure molto lieve, e in una fase di indebolimento dell’euro della quale gli investitori extracomunitari potrebbero approfittare, a tutto favore di una maggiore circolazione del capitale.  

 

Tuttavia, si segnala che la nuova normativa non ha introdotto dei meccanismi operativi in grado di superare i vincoli giuridici che finora hanno impedito all’equity crowdfunding di movimentare un numero elevato di operazioni di raccolta del capitale: la “democratizzazione” dell’investimento in imprese innovative comporta sicuramente dei benefici in termini di sviluppo economico, ma allo stesso tempo espone il pubblico risparmio a rischi imprevedibili. Pertanto andrebbe disciplinata specificamente la reciproca interferenza tra l’incentivazione alla raccolta del capitale mediante piattaforme di finanziamento online e la normativa di protezione dell’investitore di cui al TUF.