Codice delle Assicurazioni Private - Riflessioni sul valore probatorio delle “black box”-

La scatola nera (c.d. black box) è un dispositivo elettronico dotato di geolocalizzatore che, una volta installato su un veicolo, permette il monitoraggio e la registrazione delle informazioni inerenti il mezzo di trasporto e il comportamento del suo conducente.

Con l’art. 1, co. 20, L. n. 124/2017 è stato introdotto nel codice delle assicurazioni private l’art. 145-bis rubricato “valore probatorio delle cosiddette scatole nere e di altri dispositivi elettronici”, il quale al co. 1 recita: “quando uno dei veicoli coinvolti in un incidente risulta dotato di un dispositivo elettronico che presenta le caratteristiche tecniche e funzionali stabilite ai sensi dell’art. 132-ter, co. 1, lett. b) e c), e fatti salvi, in quanto equiparabili, i dispositivi elettronici già in uso alla data di entrata in vigore delle citate disposizioni, le risultanze del dispositivo formano piena prova, nei procedimenti civili, dei fatti a cui esse si riferiscono, salvo che la parte contro la quale sono state prodotte dimostri il mancato funzionamento o la manomissione del predetto dispositivo”.

Il legislatore – con l’introduzione delle c.d. black box – ha inteso quindi contrastare il fenomeno delle frodi assicurative, garantendo l’acquisizione e la registrazione, anche continua, delle informazioni inerenti l’attività del veicolo.  

Dubbi rilevano sulla legittimità costituzionale del richiamato art. 145-bis, nella parte in cui riconosce -  in relazione a controversie coinvolgenti la titolarità di diritti soggettivi – la superiorità “funzionale” o “strutturale” delle risultanze della scatola nera, allegate da una parte processuale. Ciò in quanto, è invalso nell’ordinamento giuridico il principio secondo cui la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge, in cui assume precipua rilevanza il principio del contraddittorio. In particolare, l’art. 111, co. 2., Cost. statuisce che “ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale”.

Ebbene, assurgere a rango di prova legale le risultanze della scatola nera potrebbe compromettere la parità processuale delle parti, riconoscendo alle allegazioni di una parte la forza di fondare il giudizio di fatto.

È bene ricordare come le c.d. prove legali, quali le prove documentali o quelle assunte nel processo come la confessione, il giuramento e la testimonianza, dispiegano efficacia “piena” - in ordine al contenuto e alla provenienza - giacché redatte per atto pubblico e scrittura privata autenticata o riconosciuta, ovvero formatesi nel contraddittorio fra le parti. Le disposizioni contenute nell’art. 145-bis producono quindi effetti diretti sull’istruzione probatoria di una causa.

Ed invero, conferire alle risultanze della scatola nera contenenti il registro delle attività del veicolo il valore di prova legale, impedisce al giudice di svolgere qualsiasi valutazione discrezionale sul contenuto delle stesse.

Tale disposizione potrebbe - come detto - alterare la dialettica processuale, rimettendo – in deroga al principio generale in tema di prove civili - all’altra parte l’onere di dimostrare “il mancato funzionamento o la manomissione del predetto dispositivo”. Quest’ultima, non avrà altra scelta di richiedere una consulenza tecnica di ufficio (laddove una perizia privata rappresenterebbe una mera allegazione difensiva [ex plurimis Cass. Civ. n. 16552/2015]), la quale – come è noto - non costituisce, salvo casi eccezionali, un mezzo di prova in senso tecnico.

In tale prospettiva, verrebbe negata la contrapposizione paritetica tra le parti in causa, in quanto non si assicurerebbe ad entrambe gli strumenti tecnico-processuali idonei a condizionare in loro favore il convincimento del giudice.

È utile notare come, la giurisprudenza precedente formatesi sul tema (ex plurimis Trib. Bari, sent. n. 145/2013) riteneva le risultanze della scatola nera dei meri indizi di prova, in quanto atto di parte, privo di rigore scientifico certo e dimostrato, non soggetto a taratura o controlli periodici riscontrabili.

Alla luce del mutato quadro normativo e in attesa che si consolidi sul punto un costante orientamento giurisprudenziale, lo squilibrio creatosi sul piano del riparto dell’onere probatorio, potrebbe quindi incidere sull’esercizio della funzione giudiziaria a vantaggio di una sola delle parti del processo.