L’ingresso della Cina nei mercati internazionali: per il Msci Inc. è ancora troppo presto.

Lo scorso 14 giugno era il giorno tanto atteso per la pronuncia del MSCI Inc. - fornitore di indici equity statunitense - circa l’inclusione delle azioni A cinesi nei propri indici.

Le azioni A sono titoli quotati nella borsa di Shenzhen e valutate in renminbi, oggi disponibili per gli investitori stranieri solo attraverso il Qualified Foreign Institutional Investor scheme, programma iniziato nel 2014 e riservato a chi possieda il titolo di investitore estero qualificato.

Questo è quel che sono, ma quel che rappresentano è molto di più: 3.000 aziende, tra cui moltissime piccole e medie imprese che, se il deal fosse andato, avrebbero messo in circolo 15 miliardi di dollari.

La volontà cinese era quella di proseguire nella strada iniziata con l’ingresso nel programma di prelievo del FMI, vedendosi riconoscere, anche nel mercato finanziario internazionale, la sua posizione di seconda economia mondiale.

Nondimeno, nonostante il NO del Msci, l’Autorità di regolazione finanziaria cinese non manifesta preoccupazione, affermando che l’ingresso dei propri titoli A-shares avverrà gradualmente: si tratta di un risultato da raggiungere nel lungo termine, non nella immediatezza.

Il no del MSCI si giustifica per il fatto che ci vuole ancora tempo per adeguare i portafogli all’introduzione dell’indice tra quelli del MSCI, in quanto le azioni A sono molto volatili.

La domanda è: il problema sarà questa volatilità o forse che il mercato indicizzato dal MSCI è illiquido e l’ingresso dei titoli cinesi decapiterebbe gli altri titoli?

Illiquidità e volatilità, nel mondo finanziario, non si danno del tu ma la Cina e gli investitori internazionali sì, e già da tempo.

Adeguarsi, con coraggio, ora.