Gruppi d’imprese e situazione di crisi

L’incalzante susseguirsi di interventi modificativi al testo del R.D. 267/1942 non è ancora riuscito a placare l’evidente necessità di una riforma organica della legge fallimentare, in vigore da più di settant’anni.

E così, a pochi mesi di distanza dall’entrata in vigore del D.l. 83/2015, ecco nuovamente introdotto un ulteriore mutamento di disciplina. Molteplici sono le novità che emergono dalla presentazione della proposta: a partire dall’eliminazione della tradizionale espressione “fallimento”  e di tutti i suoi derivati, sulla falsariga di Francia, Spagna e Germania, passando per l’introduzione dell’istituto delle procedure di allerta per l’emersione anticipata della crisi, e per la proposta di istituire giudici specializzati, fino all’abolizione del concordato preventivo con cessione di beni.

Un elemento di spicco che potrebbe portare non solo alla razionalizzazione della gestione della crisi tra gruppi d’imprese, ma anche ad un maggiore efficientamento delle procedure, è dato dalla proposta di regolamentazione del concordato di gruppo.

Chiara appare la volontà di colmare, in modo più o meno organico, una lacuna che negli ultimi anni si è resa sempre più evidente. Oltre all’introduzione di una definizione di gruppo d’imprese modellata sulla nozione di direzione e coordinamento di cui agli artt. 2497 ss. c.c., viene prevista la facoltà, per le imprese appartenenti al medesimo gruppo, di presentare con unico ricorso le domande di ammissione alla procedura di concordato preventivo. L’intero iter procedurale potrà essere quindi gestito in modo unitario con un unico giudice delegato ed un unico commissario giudiziale.

A fronte di alcuni obblighi dichiarativi, tra cui il deposito del bilancio consolidato, i gruppi di imprese che versino in una situazione di crisi potrebbero in futuro non doversi trovare nella scomoda situazione di dover giostrare diverse procedure parallele. Tuttavia, il prospettato intervento riformatorio si limita ad aspetti sostanzialmente “procedurali”: rimane saldo il principio, attualmente vigente nel nostro ordinamento, dell’autonomia patrimoniale.