La domanda di transazione fiscale non è condizione di ammissibilità della proposta di concordato

L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 19/E del 06 maggio 2015, si è preoccupata di fornire nuove istruzioni e chiarimenti in tema di transazione fiscale anche alla luce delle modifiche normative intervenute nel corso degli anni, nonché dei principi e indirizzi della giurisprudenza sia costituzionale che di legittimità.

 

La transazione fiscale, che trova la sua puntuale e compita regolamentazione nell’articolo 182 ter del Regio Decreto del 16 marzo 1942, n. 267 (Legge Fallimentare), costituisce una peculiare procedura transattiva tra il contribuente e il fisco, che può autonomamente integrare il piano previsto dall’art. 160 della Legge Fallimentare e che deve essere parimenti sottoposta al sindacato di fattibilità giuridica del Tribunale.

 

La finalità della transazione fiscale va ravvisata nella necessità per il debitore di ottenere il cosiddetto consolidamento del debito tributario, ovvero una certificazione attestante l’entità del debito iscritto a ruolo o sospeso (articolo 182-ter, secondo comma della L.F.), che gli consentirà di proporre un pagamento parziale o soltanto dilazionato (per IVA e ritenute dovuta e non versate) e permetterà agli organi della procedura di valutare la congruità della proposta con riferimento alle risorse necessarie a far fronte al complesso dei debiti.

 

Con la Circolare n. 19/E, l’Agenzia delle Entrate, si preoccupa di chiarire il carattere obbligatorio o meno della transazione fiscale sulla base dei principi sanciti dalla Suprema Corte. In particolare, con le sentenze n. 22931 e n. 22932 del 2011, la Corte di Cassazione ha affrontato la questione dell’ammissibilità di un concordato preventivo contenente la falcidia dei crediti tributari, pur in assenza della domanda di transazione fiscale, giungendo alla conclusione che la presentazione della domanda di transazione fiscale non costituisce un obbligo per il debitore che chiede la falcidia dei crediti tributari e, dunque, non è condizione di ammissibilità della proposta di concordato preventivo. Infatti, un’eventuale obbligatorietà della transazione fiscale presupporrebbe la dimostrazione dell’esistenza di un interesse concreto e degno di tutela in capo all’Amministrazione; detto interesse non è ravvisabile, posto che l’ufficio, pur in assenza dell’interpello, non viene minimamente pregiudicato nel suo diritto di evidenziare compiutamente le sue pretese e di perseguirne l’accertamento prima e il soddisfacimento poi.

 

L’Amministrazione Finanziaria, in conclusione, ritiene che la presentazione della domanda di transazione fiscale da parte del debitore non costituisca condizione di ammissibilità della proposta di concordato preventivo, superando in tal modo le indicazioni fornite con la precedente circolare n. 40/E del 2008. Rese tali considerazioni e chiarimenti, l’Agenzia delle Entrate, con la circolare in esame, dedica ampio spazio alle procedure previste dalla Legge 3/2012, cd. procedure da sovra indebitamento.